(Teleborsa) – Il rapporto fra spesa pensionistica e PIL potrebbe raggiungere un picco del 17% nel 2040 per poi diminuire, prima gradualmente e poi rapidamente, portandosi al 16% nel 2050 ed al 13,9% nel 2070. E’ quanto emerge dalla Relazione della Ragioneria Generale dello Stato sulle tendenze di medio-lungo periodo della spesa pensionistica e socio-sanitaria.
“La rapida riduzione del rapporto fra spesa pensionistica e PIL – si sottolinea – è determinata dall’applicazione generalizzata del calcolo contributivo che si accompagna alla stabilizzazione, e successiva inversione di tendenza, del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati. Tale andamento si spiega, da un lato, con la progressiva uscita delle generazioni del baby boom e, dall’altro, con l’entrata a pieno regime del sistema contributivo e con l’operare dei meccanismi di stabilizzazione previsti dal sistema pensionistico italiano, espressamente disegnati per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema e l’adeguatezza delle prestazioni, i quali prevedono l’adeguamento automatico dei requisiti minimi di pensionamento e dei coefficienti di trasformazione in funzione della speranza di vita”.
Le previsioni della spesa pensionistica in rapporto al PIL sono effettuate sulla base della legislazione vigente a marzo 2024 e, pertanto, considerano gli effetti della Legge di Bilancio 2024 in materia pensionistica e l’impatto delle misure in deroga alla Riforma Fornero, come Quota 100 e Quota 103.
Dalla relazione emerge che, in relazione all’ultimo quinquennio, a partire dal 2019 e fino al 2022, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL torna ad aumentare con un picco pari al 16,9% del PIL nel 2020, anno della pandemia, per poi ripiegare su un livello pari al 15,1% nel 2022. Nel biennio 2023-2024, tenuto anche conto dell’elevato livello dell’indicizzazione, imputabile al significativo incremento del tasso di inflazione registrato a partire dalla fine del 2021 fino al 2023, la spesa in rapporto al PIL aumenta portandosi, alla fine del biennio, al 15,6%, livello che viene sostanzialmente mantenuto fino al 2028. Un andamento, spiega la Ragioneria, che sconta gli effetti dell’emergenza sanitaria ed i provvedimenti sul reddito di cittadinanza e sul pensionamento anticipato (Quota 100 e Quota 103).
La relazione analizza anche gli effetti finanziari del complessivo ciclo di riforme adottate dal 2004 che, secondo la Ragioneria, “ha contribuito e contribuisce tuttora in misura significativa a contrastare gli effetti attuali e quelli previsti negli anni a venire della transizione demografica sulla spesa pubblica”. Nello scenario nazionale, gli interventi legislativi come Quota 100 “hanno determinato un ampliamento della spesa e una retrocessione nel percorso di elevamento dei requisiti di accesso al pensionamento, producendo, nel periodo 2019-2023, una maggiore incidenza della spesa in rapporto al PIL pari in media a oltre 0,4 punti l’anno” (circa 40 miliardi).
Dal 2024 si evidenzia invece un’incidenza della spesa lievemente più bassa di circa 0,1 punti percentuali per il restante periodo di previsione con profilo decrescente dopo il 2040. “La motivazione – si afferma – risiede principalmente nelle modifiche normative introdotte con la Legge di Bilancio 2023 in materia di indicizzazione delle pensioni per il biennio 2023-2024 e, marginalmente rispetto al lungo periodo, alle modifiche contenute nella Legge di Bilancio 2024, nonché, in misura parziale, nel minore importo medio delle pensioni in pagamento dovuto all’anticipo del pensionamento rispetto ai requisiti precedentemente in vigore” (Quota 103).