(Teleborsa) – Nel primo semestre del 2024 i mercati hanno osservato un forte repricing delle aspettative di taglio dei tassi, con la BCE che ha attuato la prima riduzione del costo del denaro senza un percorso chiaro davanti a sé e con la Fed ancora ferma, mentre sono continuate le tensioni geopolitiche e nel mese di giugno sono arrivate anche maggiori incertezze sul fronte politico, sia in Europa – e in particolare in Francia – che negli Stati Uniti – in seguito al primo dibattito shock tra Joe Biden e Donald Trump. Tutto ciò non ha pesato troppo sui mercati azionari, il cui quadro rimane positivo, trainato soprattutto dalle megacap statunitensi (Nvidia su tutte), e nemmeno su Piazza Affari, con il FTSE MIB che rimane uno dei migliori indici a livello globale grazie alle banche.
L’indice delle blue chip di Borsa Italiana ha guadagnato il 9,2% da inizio anno, piazzandosi davanti al DAX (+8,8%), all’IBEX (8,3%), al FTSE 100 (+5,6%), al CAC (-0,9%, soffrendo però un -7% nell’ultimo mese per l’effetto elezioni), ma dietro all’AEX (+17,4%). Per un quadro più completo, l’S&P-500 ha fatto +15,5%, il Nasdaq 100 +29,7% e il Dow Jones +3,8%.
Allargando lo sguardo agli altri indici di Piazza Affari, si può notare come continuino le difficoltà per le small e mid cap: il FTSE Italia All-Share ha guadagnato l’8,8%, il FTSE Italia STAR ha perso lo 0,7%, mentre il FTSE Italia Growth ha lasciato sul terreno il 2,3%.
Unipol (+79,8%), Saipem (+62,7%), BPER Banca (+56%), Leonardo (+45,2%) e MPS (+44%) sono stati i migliori titoli del FTSE MIB. Se si prendono le cinque società a maggiore capitalizzazione, si trovano Ferrari (+24,7%), Enel (-3,5%), Intesa Sanpaolo (+31,3%), UniCredit (+40,9%) e Stellantis (-12,7%). I peggiori sono stati invece Telecom Italia (-24%), Nexi (-23,1%), ERG (-18,8%), STM (-18,4%) e Inwit (-14,9%).
Dei 203 titoli che compongono l’indice FTSE Italia All-Share, 107 hanno avuto un andamento positivo e 96 negativo. Tra i maggiori rialzi, esclusi titoli interessati da OPA o convertibili, si trovano Italian Exhibition Group (+97,4%), Antares Vision (+71,2%), Maire (+57,6%) e Newlat Food (+56%) e Sogefi (+55%); tra i peggiori ci sono Eurotech (-53,9%), SIT (-46,7%), doValue (-42,2%), Somec (-41,4%) e Landi Renzo (-40%).
Dei 186 titoli che compongono l’indice FTSE Italia Growth (sono esclusi i titoli quotati sull’EGM PRO e quelli sospesi quotati su EGM), 119 hanno avuto un andamento negativo e 67 positivo. Spiccano – in positivo – Espe (+120%), Bellini Nautica (+100%), eViso (+84,4%), DHH (+74,2%) e Lindbergh (+73,2%) e – in negativo – TMP Group (-67,6%), La Sia (-59%), Compagnia dei Caraibi (-56,4%), Iervolino & Lady Bacardi (-48,9%) ed Execus (-45,1%).
I mercati di Borsa Italiana hanno registrato un controvalore totale pari a 347 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2023, in aumento del 18% rispetto al primo semestre dell’anno precedente, secondo elaborazioni di Teleborsa su dati Euronext. Restringendo l’analisi all’Euronext Growth Milan (il mercato di Borsa Italiana dedicato alle PMI ad alto potenziale di crescita) e ai primi 5 mesi dell’anno, il controvalore è stato di 1,07 miliardi di euro (-11% rispetto allo stesso periodo 2023), poco sopra l’equivalente mercato di Oslo (850 milioni di euro) e ben lontano da quello di Parigi (1,56 miliardi di euro).
Ma sulle small e mid cap, “nell’ultimo mese/mese e mezzo un po’ di interesse sembra essere tornato“, dice Antonio Amendola, Portfolio Manager di AcomeA SGR. “Sul tema tassi c’è stato il primo taglio e ora la traiettoria è un po’ più chiara, almeno in Europa – spiega – Gli outflow dei fondi PIR si sono per lo meno assestati, e non sono più della magnitudo di due anni fa, ma cosa ancora più importante – e credo se ne sentirà parlare di più dall’estate in poi – l’iniziativa del governo con il fondo di fondi inizia a destare interesse. Nel momento in cui sarà ufficiale il decreto, mi aspetto che ci si inizi a posizionare su queste società, che sono state buttate giù per motivi tecnici e non fondamentali. Manca l’ultimo tassello, e lo vedremo nella prossima reporting season, ovvero come stanno andando le aziende; per ora sono sempre andate meglio delle attese, ma gli outlook sono stati cauti”.
Le piccole società sono quelle che hanno continuato a trainare il mercato delle IPO a Piazza Affari, dove nel primo semestre non s’è visto nemmeno una quotazione sul mercato regolamentato. Sono arrivate Kruso Kapital (EGM PRO), Palingeo (EGM), ESPE (EGM), Egomnia (EGM PRO), Bertolotti (EGM), NextGeo (EGM), Mare Group (EGM) e Soges Group (EGM). La raccolta totale è stata di appena 80,4 milioni di euro (57,5 solo di NextGeo), con una raccolta media di 10,1 milioni di euro e una raccolta mediana di 2,6 milioni di euro.
Questi numeri evidenziano come il mercato resti molto selettivo, gli imprenditori molto cauti ad approcciare la Borsa e – analizzando le valutazioni a cui vengono fatte le IPO – emerge chiaramente che le società che si quotano devono scendere a compromessi valutativi forti per riuscire a trovare investitori che le permettano di fare una raccolta. “In questo momento un imprenditore che si approccia alla Borsa deve essere consapevole che la quotazione non è il modo per massimizzare la valutazione – afferma Stefano Bellavita, Executive Chairman e Managing Partner di Alantra Italy – Se oggi si vuole fare un’operazione tirata sul prezzo, a multipli in linea con mercato e senza dare un sconto agli investitori, questa rischia di non passare. Il prezzo deve essere market-friendly ed evidentemente necessita di un maggiore sconto rispetto al fair value rispetto a quanto accedeva qualche anno fa perché è un momento di liquidità ridotta e fino a quando non aumenta bisogna necessariamente – per incrociare domanda e offerta – avere un prezzo più basso”.
Il forte sconto in fase di IPO non è certamente una caratteristica solo italiana, ma si è vista anche nelle operazioni di successo fatte sui mercati europei nella prima parte dell’anno, con un mercato delle nuove quotazioni che si sta aprendo ma certamente non è aperto e in grado di accogliere tutti quelli che tentano una quotazione, come ha dimostrato anche recentemente il caso Golden Goose, con la società che ha rimandato la quotazione per il deterioramento delle condizioni di mercato causato dalle elezioni europee, anche se molti osservatori hanno attribuito la mancata riuscita dell’operazione alla cautela dell’azionista venditore, il fondo di private equity Permira, che non voleva “sporcare” ulteriormente il suo track record dopo altre quotazioni non riuscite, almeno guardando la performance delle società una volta quotate.
“Dal punto di vista delle IPO in Europa, il processo di riapertura del mercato è indubbiamente in corso e il primo dato incoraggiante è che i volumi di IPO europee nel primo semestre sono già maggiori del 25% rispetto ai volumi dell’intero 2023 – spiega Stefano Conte, Head of Southern Europe ECM di Barclays – Si possono fare due fotografie diverse per i primi quattro mesi dell’anno e per gli ultimi due mesi. L’anno in termini di attività è iniziato forse meglio di quello che ci si aspettava e abbiamo visto tre gruppi diversi di emittenti che sono andati sul mercato. C’è stato un gruppo di società non molto grandi e con storie particolari, come l’Aeroporto di Atene o Air Astana, e alcune operazioni che erano state ritirate alla fine dell’anno scorso ma che erano solide ed erano ben viste dal mercato, ovvero Renk in Germania e Planisware in Francia. La terza categoria è quella che contava davvero per il mercato, ovvero le operazioni di dimensioni importanti e prevalentemente di private equity – anche se non solo – che erano in pipeline da mesi o trimestri: Galderma in Svizzera, CVC in Olanda e Puig in Spagna. Tutte queste operazioni hanno fatto bene, a parte qualche difficoltà di Douglas in Germania”.
“Il mercato voleva vedere che si riusciva a fare questo tipo di operazioni e che queste facessero bene una volta sbarcate sul mercato, e questo è stato il caso – aggiunge l’esperto – Sono avvenute a uno sconto del 25-30% rispetto ai peers, perché c’è stata la necessità di incorporare un livello di prezzo che fosse sufficientemente appropriato per garantire una performance molto forte all’inizio. Negli ultimi due mesi invece, abbiamo riscontrato minori volumi rispetto a quanto inizialmente atteso, con alcuni emittenti che hanno deciso di rimandare la quotazione alla seconda metà dell’anno”.
Guardando ai mercati Euronext, Parigi ha registrato 6 quotazioni, Amsterdam 3 e Oslo 6 – contro le 8 di Milano – ma tutte hanno avuto raccolte totali significativamente maggiori di Piazza Affari, che continua anche a soffrire della sua dimensione ridotta. L’intera market cap del FTSE MIB ammonta a 696 miliardi di euro alla fine del semestre (FTSE All Share a 811 miliardi di euro), mentre quella del mercato EGM è di appena 7,5 miliardi di euro.
Come se non bastasse, nel 2024 sta continuando il fenomeno del delisting, ovvero della revoca delle azioni dal mercato, che nel 2022 si è mangiato 43 miliardi di euro di capitalizzazione e nel 2023 altri 11 miliardi di euro. Da inizio anno sono 6 le società che hanno lasciato Piazza Affari, per una capitalizzazione persa di 15,6 miliardi di euro (quasi totalmente ascrivibili a CNH Industrial e Tod’s), ma sono molte di più le società su cui un’OPA è stata annunciata o in corso: ben 13, che si porteranno via altri 12,6 miliardi di euro; più della metà sono di Unipolsai, che viene delistata questa settimana, ma sono in uscita altre aziende importanti come Saras, IVS Group, SAES Getters e Salcef.
Se da un lato le IPO sull’EGM continuano, e questo fatto positivo è stato sottolineato anche dalla CONSOB nella sua ultima relazione in occasione del discorso del presidente Paolo Savona agli operatori finanziari, le nuove matricole non riescono minimamente a compensare la capitalizzazione persa con i delisting. E di quotazioni di grandi società all’orizzonte non se ne vedono. “Sull’Italia c’è sorprendentemente poco in termini di pipeline per IPO di una certa dimensione, con i nomi di cui si parla di più che forse guardano al 2026 più che al 2025 – dice Conte – La cosa positiva è che non è in alcun modo frutto un tema di rischio Italia o di mancanza di interesse sull’Italia, anzi. Ma la riapertura del mercato delle IPO è un processo che non abbiamo sperimentato dalla crisi finanziaria e quindi è necessariamente lento. Vale anche la pena ricordare che il mercato IPO italiano è storicamente guidato dal mondo small-mid cap, una asset class che verrà aiutata solo nel tempo dal processo di taglio dei tassi di interesse che è solo recentemente cominciato”.
Una spinta sulle small e mid cap è intanto attesa dal fondi di fondi che il governo sta mettendo a punto con Cassa Depositi e Prestiti, destinato a investire con una maggiore focalizzazione sulle PMI quotate. Stando ai primi dettagli emersi, sarà compartecipato per metà da CDP e per metà da investitori privati, e agirà con lo scopo di rivitalizzare un segmento di mercato depresso e far tornare l’appeal degli investitori istituzionali su questa asset class. Gli operatori guardano con grande interesse e speranza a questo strumento, anche se non è un segno di forza e buona salute il fatto che un comparto debba reggersi su un intervento pubblico. “Il mercato non si risolve per decreto o incentivo fiscale, c’è bisogno di creare un ambiente che attiri i flussi – dice Amendola – Per come lo stanno strutturando, dovrebbe – speriamo – essere un volano per attirare flussi sul mercato, che poi deve reggersi sulle sue gambe. Già il fatto di ragionare sul concetto di fondo di fondi e non su ulteriori incentivi fiscali, va un po’ in questa direzione. Ad oggi non c’è un mercato. Il fondo di fondi non deve fare il sostituto degli investitori, ma aiutare a creare nuovi fondi, fare arrivare nuovi investitori, portare interesse”.
Nel frattempo alcune società riescono, faticosamente, a fare IPO, ma devono avere storie credibili e prospettive rosee, come è stato per NextGeo, l’unica operazione degna di nota dei primi sei mesi a Piazza Affari. Quel caso offre anche spunti interessanti per capire quali caratteristiche deve avere una società per portare a termine con successo una IPO in un contesto di scarsa liquidità e grande selettività da parte degli investitori. “Sicuramente ci deve essere un macro-trend di riferimento, come possono essere i fondi del PNRR che arrivano su infrastrutture, costruzioni, viabilità, logistica e manutenzione straordinaria, ma anche un tema sulla bocca di tutti come l’intelligenza artificiale – sostiene Bellavita – Poi chiaramente ci devono essere delle marginalità adeguate e opportunità di crescita. In altri termini, ci deve essere una crescita prospettica credibile e visibile, anche perché quando la volatilità cresce diminuisce l’appetito per il rischio, e quindi più riesci a dare visibilità alla crescita meglio è, ad esempio con un backlog importante. Poi a contorno, deve essere una storia ben presentata, con un management solido, possibilmente in un business con barriere all’entrata, difendibile, con delle possibilità concrete di fare acquisizioni per aumentare il perimetro, perché i soldi che chiedi al mercato devi essere in grado di metterli a terra”.