(Teleborsa) – C’è attesa per la riunione della Fed domani, anche se dal meeting non sono attese grandissime novità, ma solo la promessa di un primo taglio dei tassi di interesse a settembre. Gli ultimi dati hanno anche alimentato l’attesa di più di un intervento (forse tre) prima della fine dell’anno, in contrasto con la view di giugno che prevedeva un solo taglio dei tassi nel 2024.
Per questo meeting (30-31 luglio) non sono attese novità in materia di tassi di interesse, che dovrebbero essere confermati al record storico del 5,25-5,50%, con la promessa di una prima riduzione di 25 punti nella riunione di settembre, che segue la pausa estiva. Ma a questo riguardo qualche indicazione in più arriverà da Powell, senza contare che a fine agosto i riflettori saranno puntati sul consueto meeting annuale delle banche centrali a Jackson Hole.
Gli ultimi dati dell’inflaizone sono risultati meglio delle attese: il rallentamento a sorpresa dell’inflazione al 3% ha alimentato le speranze che la Federal Reserve possa tagliare i tassi di interesse tre volte quest’anno, Una conferma è arrivata anche dall’ultimo dato relativo al PCE price index, una misura chiave dell’inflazione molto osservata dalla Fed, che ha segnalato un forte rallentamento al 2,6% dal 3,4%, mentre l’indice PCE core si è attestato al 2,9%, rispetto al 3,7% del trimestre precedente e al 2,7% atteso dagli analisti.
Nel frattempo, l’economia statunitense nel 2° trimestre dell’anno è crescita del 2,8% su base trimestrale, contro una crescita del 2% attesa dagli analisti e rispetto al +1,4% del trimestre precedente. L’aumento del PIL reale riflette principalmente l’aumento della spesa dei consumatori, degli investimenti in scorte private e degli investimenti fissi non residenziali. Le importazioni, che rappresentano una sottrazione nel calcolo del PIL, sono aumentate.
Sulla base di questi dati, gli analisti di ING ritengono che la Federal Reserve lascerà ancora invariata la politica monetaria nella riunione del FOMC di questa settimana, ma utilizzerà questo meeting per offrire un “più chiaro indizio che sta iniziando a prendere seriamente in considerazione un taglio dei tassi d’interesse, molto probabilmente nella riunione di settembre”. “La Fed ha cercato di ottenere un ‘atterraggio morbido’ e se i dati consentono di tagliare, e sicuramente si stanno muovendo in questa direzione, pensiamo che coglierà l’occasione”, spiega l’analista James Knightley, Chief International Economist US di ING, citando le dichiarazioni del governatore della Fed Christopher Waller, che ha dichiarato “credo che ci stiamo avvicinando al momento in cui un taglio del tasso di policy è giustificato” e del presidente Jerome Powell, il quale ha ammesso che “altri buoni dati rafforzerebbero la nostra fiducia” sul fatto che l’inflazione sia sulla strada del 2%.
Per Payden & Rygel “il recente aumento del tasso di disoccupazione dovrebbe essere interpretato dai policymaker come sintomo di un miglioramento dell’equilibrio del mercato del lavoro Usa e non come il segnale di un’imminente recessione, come invece sostenuto da alcuni investitori”. Per questo, “è improbabile che la Fed intraprenda una decisa svolta accomodante, mentre dovrebbe limitarsi ad ‘aggiustare’ il tasso sui Fed Funds. Per questo riteniamo che i sette tagli dei tassi prezzati dal mercato da qui a fine 2025 siano troppi”.
Anche per gli esperti di MFS Investment Management “la Fed è diventata molto più dipendente dai dati, evidenziando entrambi i lati del suo duplice mandato. Un indebolimento sostanziale del mercato del lavoro e/o un’ulteriore normalizzazione dell’inflazione al consumo forniranno probabilmente alla banca centrale la fiducia necessaria per iniziare a tagliare i tassi a settembre. Ma simmetricamente, se il mercato del lavoro si rafforzerà o l’inflazione al consumo rimbalzerà tra il 31 luglio e il 18 settembre, la Fed rimanderà ancora una volta la riduzione dei tassi. Pertanto, il presidente Powell non annuncerà un taglio a settembre, ma spiegherà piuttosto cosa dovremmo verificare per ottenere tale taglio”.