(Teleborsa) – Buonissime le intenzioni, ancora fumosi alcuni dettagli, da correggere certi paletti. È questo, in estrema sintesi, il giudizio degli operatori dei mercati finanziari che hanno assistito ieri alla presentazione a porte chiude del nuovo fondo di fondi, una sorta di umbrella fund proposto da Cassa Depositi e Presiti (CDP) che investirà in una serie di fondi chiusi sottostanti di piccola dimensione, i quali indirizzeranno i loro acquisti verso le small e mid cap italiane.
Il Fondo Nazionale Strategico Indiretto (FNSI) potrà sottoscrivere quote di Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) di nuova costituzione, di diritto italiano e gestiti da Società di Gestione del Risparmio (SGR) autorizzate. FNSI co-investirà fino ad un massimo del 49% del capitale degli OICR di nuova costituzione di diritto italiano insieme con altri investitori privati (sia istituzionali che retail) alle medesime condizioni. Le risorse mobilitate da CDP saranno di circa 350 milioni di euro (35 milioni di euro su 10 fondi), che con l’apporto dei privati arriveranno a 700 milioni di euro, ha spiegato l’AD di CDP Equity, Francesco Mele. Nelle speranze delle istituzioni c’è che le risorse complessive possano raggiungere quota 1 miliardo di euro, anche se bisognerà vedere la messa a terra del progetto per capire le reali possibilità.
Gli OICR potranno allocare il capitale raccolto nel rispetto di una quota prevalente e di una quota non vincolata. Circa il 70% dei capitali potrà essere allocato in società ex FTSEMIB (quota prevalente) e circa il 30% potrà essere investito senza vincoli in titoli azionari italiani e titoli di debito emessi dalla Repubblica italiana, da Stati membri dell’Unione europea partecipanti all’area Euro e dalla Commissione europea (quota non vincolata). Gli OICR saranno chiusi, dovranno necessariamente essere liquidati entro il 31/12/2032 e sarà consentito distribuire dividendi su base annua. Si punta a redigere il regolamento attuativo a breve, chiudere il progetto entro fine anno e investire verso la fine del primo trimestre del 2025.
La necessità di un nuovo approccio dei gestori
“È una piccola mossa, ma speriamo sia un volano per il mercato – afferma Simone Strocchi, presidente e managing partner di Electa Ventures – Ci sono 350 milioni di euro che andranno a stimolare la nascita di una decina di fondi chiusi attivi sui mercati di trattazione delle imprese italiane, senza l’ossessione della liquidità giornaliera. Questo è sicuramente positivo, ma se pensiamo che siamo la seconda/terza economia europea potrebbe essere un po’ poco, considerando che la struttura della nostra economia è retta dalle medie imprese. Servirebbe un po’ più audacia”.
Nella presentazione di ieri, CDP ha spiegato che i fondi saranno indirizzati ai soggetti istituzionali e al retail qualificato, mentre è difficile – per tempistiche di lancio e tipologia di prodotti – che ci sia una partecipazione del mass market. Non è stato comunque chiarito il processo tramite il quale le SGR potranno proporre i nuovi fondi a CDP e i criteri di aggiudicazione del co-investimento, e gli operatori sono in attesa delle interlocuzioni della prossime settimane per avere più dettagli.
“Mi piacerebbe che i gestori dei fondi che nasceranno non siano i classici gestori di fondi UCITS, ma persone con esperienza di private equity, che al posto di approcciare il mercato in termini opportunistici – vado e scarico vendendo in OPV, o vado a caricarmi di un’opportunità delistando a sconto rispetto ai valori intrinsechi di una società – utilizzino un approccio – che poi è il nostro, di Tamburi, di First Capital e altri – guidato dall’analisi dei fondamentali“.
Il nodo del ticket medio d’investimento
Secondo quanto emerso dalla presentazione, ma non ben esplicitato per la mancanza di un Q&A, il ticket di investimento del fondo di fondi sarà pari a 35 milioni di euro. “Sarebbe meglio favorire la nascita di fondi anche più piccoli ma dedicati al segmento, anche perché chi investe nelle PMI non è il grandi gestore, e soprattutto non è quello che fa il mercato secondario”, afferma Antonio Amendola, Senior Fund Manager Azionario di AcomeA SGR, che comunque parla di un “impegno politico molto positivo” per l’iniziativa in generale e del fatto che “al mercato italiano non servono i sussidi, ma la creazione di un mercato e il ritorno degli scambi”.
Anche il Sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), Federico Freni, ha sottolineato che lo Stato “deve garantire un ecosistema stabile per l’investimento, e se l’ecosistema per l’investimento è stabile gli investitori arrivano”.
“Per un player come noi non cambierebbe granché, perché già lo facciamo, ma siamo rimasti in pochissimi a fare questo mestiere – spiega Amendola – E poi non è scontato raccogliere 35 milioni di euro, considerando il mercato di oggi e il tipo di prodotto. Rischiamo che saranno in grado di farlo solo i grandi player, che hanno una rete significativa, ma che però poi si mettono sulle posizioni più grandi. Sarebbe invece interessante che nascessero fondi di player più piccoli, o che entrassero nuovi player che non ci sono, con fondi da 15-20 milioni di euro che verrebbero poi raddoppiati da CDP”.
Il rischio di sotto-allocazione verso le PMI
Facendo notare che la bozza di regolamento non è stata presentata, e quindi si potranno commentare numeri specifici solo quando sarà definitiva, Giovanni Natali evidenzia due aspetti che lo preoccupano: l’allocazione potenzialmente sbilanciata verso le capitalizzazioni maggiori e il fatto che potrebbero essere considerate non investibili le società con capitalizzazione sotto una certa soglia.
“Da dire che il 70% deve essere investito fuori dal FTSE MIB ad arrivare all’EGM c’è tanta strada da fare – afferma il presidente di AssoNEXT – C’è tutto lo STAR, tutto l’MTA e tutto l’EGM. Di quel 70%, forse il 30% potrebbe essere fuori dal FTSE Mid. Inoltre, dobbiamo stare attenti al tema della capitalizzazione iniziale, affinché non sia troppo alta. Corriamo il rischio di invitare la gente alle Olimpiadi al salto in alto mettendo l’asticella a 3 metri: non ci arriva nessuno”.
“Sono previsti, anche non scritti ancora definitivamente, dei limiti di flottante e capitalizzazione. Si faccia una riflessione e si guardino le statistiche delle quotazioni avvenute negli ultimi 15 anni. Non si può alzare troppo l’asticella, altrimenti non si investirà nelle IPO, e invece ce n’è un gran bisogno. Non è tema di dare soldi a pioggia, ma di fare una cosa fattibile, altrimenti i nuovi fondi potranno investire solo in una IPO ogni quattro/cinque”.