(Teleborsa) – In vista della prossima COP29 ci si interroga sulle priorità per rivolvere il problema del climate change, ma è già chiaro che investire solo sulla decarbonizzazione non sarà sufficiente ed occorrerà anche porre attenzione alla tutela della biodiversità, la cui salvaguardia ed avrà impatti rilevanti sul sistema economico. E’ quanto emerge da uno studio di Boston Consulting Group, in collaborazione con Quantis.
La COP28 ha già messo in luce il fondamentale ruolo della biodiversità nella salvaguardia ambientale, stabilendo un percorso utile a preservare gli ecosistemi naturali, che è stato sposato da ben 196 governi, con la sottoscrizione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF). Un documento che segna un punto di svolta, poiché integra la preservazione della biodiversità nelle strategie aziendali e nelle politiche globali, attraverso il raggiungimento di 23 obiettivi, tra cui il target “30×30”, che mira a lasciare intatto almeno il 30% del pianeta entro il 2030.
Ingenti investimenti sulla decarbonizzazione
Come rivela ILreport “Harmonizing Infrastructural Progress with Nature” di BCG e Quantis, raggiungere le zero emissioni nette richiederà investimenti stimati in quasi 5.000 miliardi di dollari entro il 2030. Secondo il programma Net Zero Emissions (NZE) dell’AIE, infatti, gli investimenti annuali nel settore energetico cresceranno significativamente, passando dal 2,5% del PIL globale degli ultimi anni al 4,5% entro il 2030.
Questo comporterà un aumento esponenziale della produzione elettrica, da 500 a 160.000 miliardi di dollari, nonché un raddoppio degli investimenti nelle infrastrutture. In particolare, le reti di distribuzione elettrica vedranno un incremento dai 320 miliardi di dollari attuali a 740 miliardi.
Ma la biodiversità può avere impatti fino al 6% del PIL
Sebbene gli investimenti in decarbonizzaizone siano importantissimi, non sono l’unico aspetto da valutare per contrastare il cambiamento climatico, in quanto la perdita della biodiversità può costare all’economia globale più di 5.000 miliardi di dollari all’anno. Ciò significa che ogni anno l’economia mondiale perde servizi ecosistemici per un valore pari a circa il 6% del PIL globale, un importo approssimativamente equivalente al valore di mercato totale della produzione agricola, forestale e ittica nel 2019.
Il settore infrastrutturale, insieme a quello energetico, è responsabile di circa il 35% delle pressioni sulla biodiversità, che si traducono in cambiamento del paesaggio con conseguenze negative sugli habitat e frammentazione delle risorse naturali.
Il caso virtuoso di Snam
Snam, azienda che gestisce la rete nazionale del gas, può rappresentare un modello a livello mondiale, avendo adottato un modello virtuoso di tutela della biodiversità, che non deriva solo da un impegno dettato dall’agenda europea, ma diventa un vero e proprio pilastro della mission e della strategia aziendale: sviluppare infrastrutture energetiche sostenibili per il futuro.
“La riduzione delle emissioni rappresenta ormai un percorso prioritario e ineludibile per Snam, in considerazione degli obiettivi di carbon neutrality al 2040 e net zero al 2050, ma il climate change rappresenta solo uno dei planetary boundaries. È infatti nostro dovere guardare con attenzione all’ambiente nel suo complesso e, ad esempio, rafforzare quanto già intrapreso per tutelare la natura e la biodiversità, al fine non solo di ridurre al minimo e azzerare la nostra impronta ma far sì che il nostro passaggio sul territorio possa anche generare ritorni e benefici positivi per l’ambiente e le persone, come già avvenuto in alcuni nostri cantieri”, commenta Matteo Tanteri, Director Sustainability & social impact di Snam.
Con oltre 33.000 chilometri di gasdotti in Italia e più di 1.000 chilometri di nuovi progetti sviluppati ogni anno, Snam opera ogni giorno in stretto contatto con numerosi ecosistemi naturali del territorio nazionale. Per questo, la società ha scelto di adottare un approccio scientifico per misurare la sua impronta ambientale, valutare i rischi e identificare azioni di mitigazione, attraverso la metodologia Science-Based Target Network (SBTN). Questo approccio consente un’analisi dettagliata e scientificamente fondata delle interazioni dell’azienda con l’ambiente naturale in cui opera, che ha permesso di identificare specifiche aree d’intervento per il miglioramento e la conservazione della biodiversità.
Nello specifico, Snam segue i cinque principi chiave della metodologia SBTN: adottare il principio “No Net Conversion”, utilizzare un metodo scientifico per valutare l’impatto ambientale, comprendere l’ambiente naturale in cui l’azienda si inserisce per valutare i livelli di rischio e le azioni concrete da attuare, esaminare non solo le operazioni dirette, ma anche i processi upstream e downstream che possono influenzare l’ambiente naturale circostante, applicare un approccio sistemico, piuttosto che focalizzarsi soltanto su alcuni aspetti della sostenibilità ambientale.
Snam ha già incorporato la Net Zero Conversion nell’attuale modello operativo e fa ricorso a molteplici iniziative di ingegneria ambientale per proteggere i paesaggi, la fauna, la flora e promuovere la sicurezza dei territori. Ma l’obiettivo al 2027 è anche più ambizioso, perché punta a generare un impatto non più solo neutrale, ma positivo su natura e biodiversità in ogni cantiere lungo tutto il territorio nazionale.