(Teleborsa) – Lo stop al gas russo non avrà impatti diretti sull’economia dell’Eurozona e dell’Italia, ma l’effetto indotto da una risalita dell’inflazione va tenuto in debita considerazione, per i riflessi negativi che potrà esercitare sulle decisioni delle banche centrali. E’ quanto sottolinea l’economista Andrea Ferretti, parlando dello stop alle forniture di gas russo attraverso i gasdotti ucraini.
1 – I fatti
Il 1° gennaio 2025 sono scaduti i contratti firmati nel 2019, che consentivano al gas russo di raggiungere l’Europa utilizzando i 38.000 km di gasdotti ucraini. Infatti, sembra un paradosso, ma nonostante la guerra, queste forniture sono state sin oggi risparmiate sia dagli eventi bellici sia dalle sanzioni europee. E questo, banalmente, perché così faceva comodo a tutti: l’Europa non aveva dovuto rinunciare a una fonte energetica importante; la Russia ha guadagnato dalle forniture di gas dirette all’Europa circa 5 miliardi di dollari l’anno; l’Ucraina ha guadagnato sin qui circa 800 milioni di dollari l’anno grazie alle tariffe di transito, senza dover tra l’altro aprire un contenzioso con il preziosissimo alleato europeo. Il problema è che Kiev, ad oggi, non ha ritenuto di rinnovare l’accordo scaduto con Gazprom, per evitare che i cospicui introiti venissero reimpiegati dalla Russia per finanziare lo sforzo bellico.
2 – Le conseguenze per l’Europa
Per l’Europa, sicuramente, la chiusura dei rubinetti dell’Ucraina ha generato delle tensioni che hanno spinto le quotazioni del gas sul mercato di Amsterdam a ridosso dei 50 euro al mw/h, con un aumento del 30% rispetto ai prezzi di inizio del 2024. Tuttavia, verosimilmente, gli eventi in esame avranno ripercussioni limitate sull’economia dell’Eurozona e questo perché, negli ultimi anni, l’Unione Europea è riuscita a ridurre notevolmente la dipendenza dalle fonti energetiche russe, sostituendole con un incremento di gas proveniente da Norvegia, USA, Qatar e Nordafrica. Basterà ricordare, a questo proposito, che in passato Gazprom forniva all’Europa ben il 45% del fabbisogno di gas, mentre oggi solo il 18% del gas destinato all’Unione Europea viene dalla Russia e, di questo, solo il 5% attraversa l’Ucraina.
3 – Le conseguenze per l’Italia
In Italia, i rischi di gravi contraccolpi alla nostra economia sono, forse, ancora più limitati e questo per tre motivi: 1) l‘esposizione dell’Italia al gas russo è stata fortemente ridotta negli ultimi anni, infatti, nel 2020, Gazprom forniva via gasdotto all’Italia il 35% del nostro fabbisogno, mentre oggi questa percentuale si è ridotta drasticamente ad un modesto 5%; 2) gli stoccaggi strategici di gas in Italia sono tra i più alti in Europa, con i siti pieni per oltre l’80%; 3) nel corso del primo trimestre 2025 entrerà in esercizio, a Ravenna, la nuova nave rigassificatrice Singapore, che consentirà di aumentare notevolmente la quantità di gas naturale liquefatto utilizzabile in Italia.
Conclusioni
Dunque, verosimilmente, non esiste oggi per l’economia dell’Eurozona un rischio diretto connesso alla chiusura dei rubinetti ucraini. Tuttavia, potrebbero, invece, manifestarsi dei rischi indiretti. Più in particolare, le tensioni sul fronte del gas russo potrebbero riaccendere un’inflazione solo sopita, sulla quale potrebbero innestarsi pericolose pressioni speculative. Ora, in questo scenario, il vero rischio è che Fed e BCE siano indotte a ridurre i tassi di interesse con maggiore prudenza, anche a scapito delle esigenze di un comparto produttivo ancora in grande affanno.