(Teleborsa) – Sono stati anni di cambio della guardia a Piazza Affari per il settore delle infrastrutture. Sono usciti colossi attivi nella gestione di grandi opere – soprattutto autostrade – come ASTM e Atlantia, e sono entrati operatori più piccoli, specializzati nella manutenzione o in nicchie del comparto. A marzo 2023 si è quotata Reway Group, a settembre 2023 è stata ammessa Edil San Felice, a febbraio 2024 è arrivata Palingeo e a luglio 2024 è toccato a ICOP, tutte su Euronext Growth Milan (EGM), il segmento di Borsa Italiana dedicato alle PMI ad alto potenziale di crescita. Rimane sul listino il big Webuild, che avrà un ruolo centrale nella costruzione del Ponte di Messina e continua a macinare risultati positivi qualche anno dopo aver assorbito un altro colosso italiano come Astaldi.
Tutte le nuove società sono state ben accolte dal mercato e i titoli sono significativamente sopra il prezzo di IPO (Reway +115%, Edil San Felice +105%, Palingeo +20%, ICOP +60%) in un periodo in cui le small e mid cap hanno sofferto molto a Piazza Affari. Merito anche del grande afflusso di ordini per il settore: dopo gli anni difficili che hanno seguito la crisi finanziaria e la crisi del debito, c’è stato un vero e proprio rilancio delle infrastrutture in Italia e nell’Unione europea, grazi agli ingenti piani di spesa pubblica lanciati nella fase di ripresa dalla pandemia. Nel nostro paese, inoltre, ha giocato un ruolo anche la caduta del Ponte Morandi, che ha portato a una presa di coscienza di quanto le infrastrutture italiane siano vecchie e abbiano bisogno di ammodernamento. Le autostrade italiane, ad esempio, sono tra le più vecchie e complesse d’Europa, a causa della loro età (sono state costruite negli anni ’60 e ’70) e del terreno difficile che attraversano, e il crescente traffico di veicoli pesanti ha accelerato il deterioramento.
“Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha certamente rappresentato un’importante opportunità per il settore delle costruzioni in Italia, nonostante alcuni ritardi nella sua attuazione rispetto alle aspettative iniziali – spiega Piero Petrucco, amministratore delegato di ICOP – È tuttavia innegabile il significativo contributo alla crescita economica del Paese, grazie agli investimenti in infrastrutture e progetti strategici”. Anche se l’esposizione diretta al PNRR nel portafoglio ordini di ICOP è marginale, poiché la società ha continuato a focalizzarsi su progetti internazionali e innovativi, il PNRR ha offerto opportunità di crescita, in particolare attraverso la partecipazione al consorzio Eteria, una partnership creata con Itinera, controllata del Gruppo Gavio e Vianini Lavori, controllata del Gruppo Caltagirone.
C’è chi invece ha preferito, pur riconoscendo i benefici per il settore in generale, non puntare sul PNRR. “Le misure di sostegno, come il PNRR, hanno sicuramente aiutato una parte del mercato aumentando sensibilmente la domanda per le imprese. Tuttavia, il percorso di crescita di Edil San Felice degli ultimi anni è stato sostanzialmente indipendente da queste misure, così come il nostro portafoglio ordini attuale, in continuo incremento”, racconta Lorenzo Di Palma, amministratore delegato di Edil San Felice. “Si tratta di una caratteristica dettata da una scelta ben precisa e ossia dalla volontà di garantire all’azienda una crescita costante, organica e sostenibile nel lungo periodo, fondata su una profonda comprensione dei bisogni del mercato in cui operiamo e sulla capacità di cogliere al meglio le opportunità del nostro settore”, aggiunge. Edil San Felice si è appena aggiudicata una commessa da Avio per 1,8 milioni di euro per lavori di realizzazione di infrastrutture civili nella base Avio in Guyana Francese e due nuove commesse da ASPI per un valore totale di 11 milioni di euro per lavori di manutenzione e riqualifica delle barriere di sicurezza.
Il cosiddetto “infrastructure revival” ha permesso a società relativamente piccole di aumentare vertiginosamente il proprio portafoglio ordini negli ultimi anni. “Fin dalla sua fondazione, Reway Group si è aggiudicata commesse particolarmente rilevanti sia strategicamente che in termini di valore, in ambito stradale, autostradale e ferroviario. La crescita del Gruppo è stata quindi costante, fino a raggiungere l’attuale record di oltre 1,34 miliardi di portafoglio ordini, un elemento che garantisce un ulteriore sviluppo del gruppo per i prossimi anni – afferma Paolo Luccini, Amministratore Delegato di Reway Group – Sicuramente il merito di questa crescita è da attribuirsi a fattori sia interni che esterni. Da un lato la progressiva strutturazione del Gruppo ha permesso di rispondere a gare di importi sempre maggiori, e l’esperienza maturata dagli uffici Gare ci ha consentito di essere sempre competitivi nelle offerte, elementi vincenti accanto all’affidabilità e riconoscimento che i nostri clienti ci riconoscono. Dall’altro lato, gli investimenti messi a terra dai nostri clienti sono stati crescenti e noi abbiamo saputo cogliere le opportunità legate a questo dinamismo di settore”. A fine febbraio Reway Group, tramite la controllata Gema, si è aggiudicata un nuovo contratto da 97 milioni di euro per lavori di manutenzione straordinaria in ambito ferroviario da Rete Ferroviaria Italiana (RFI).
Guardando ai principali committenti italiani di queste società, il futuro appare roseo. A dicembre il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane ha presentato il nuovo piano strategico al 2029. Per potenziare la qualità del servizio della rete (sono 17mila i chilometri di linee ferroviarie gestite dal Gruppo FS tramite la controllata RFI) saranno investiti più di 50 miliardi di euro nei prossimi dieci anni. Inoltre, il Gruppo FS gestisce attraverso Anas 32mila chilometri di strade: in dieci anni sono previsti oltre 40 miliardi di euro di investimenti, di cui 25 destinati alle nuove opere stradali sul perimetro nazionale e 15 finalizzati al miglioramento della qualità del servizio. Questo mese Autostrade per l’Italia (ASPI), in occasione della presentazione dei risultati annuali, ha fatto il punto sui lavori sul piano di manutenzione e investimento per l’ammodernamento delle tratte più trafficate: la spesa complessiva è stata di circa 2,6 miliardi di euro nel 2024. Nel 2025 il Gruppo procederà con spese in conto capitale e di manutenzione per un totale di circa 2,5 miliardi di euro: ciò comporterà l’ammodernamento dei principali hub autostradali e delle tratte più congestionate della rete e la modernizzazione delle infrastrutture esistenti con l’obiettivo di estenderne la vita utile e renderle più sicure e resilienti.
La quotazione di queste società è arrivata nel momento migliore del ciclo, quando gli investimenti pubblici – o di controllate dello Stato – hanno consentito di ingrossare i portafogli ordini e presentarsi al mercato nella forma migliore. Con le risorse raccolte in IPO, stanno però cercando di ampliare e diversificare il proprio business, sia tramite investimenti per aumentare la propria capacità produttiva o di intervento, sia tramite l’acquisizione di altre società. “Le acquisizioni sono una leva strategica di crescita fondamentale, come dimostra il successo dell’operazione di acquisizione di Gema, che ci ha consentito di entrare da protagonisti nel settore ferroviario, e di Vega Engineering, tramite la quale presidiamo anche la fase di progettazione – dice Luccini – Siamo al continuo vaglio di opportunità di crescita esterna, soprattutto verso settori adiacenti e nicchie di mercato che ci permettano di espandere ulteriormente la nostra offerta di servizi in Italia”.
L’ultimo deal rilevante in ordine di tempo è stato quello di ICOP, che ha stretto un accordo per l’acquisizione della statunitense Atlantic GeoConstruction per 126 milioni di dollari, dando seguito alla tanto attesa espansione negli Stati Uniti, un mercato dalle grandi potenzialità che ora però mostra qualche incertezza in più alla luce delle iniziative della nuova amministrazione Trump, tra l’imposizione di dazi e il taglio della spesa pubblica per abbattere il debito. Petrucco non è spaventato da questi fattori: “L’acquisizione negli USA rappresenta un’opportunità strategica per noi, proprio perché il mercato in cui opera AGH è in gran parte indipendente dalla spesa pubblica. Le sue attività si concentrano su segmenti come data center, industriale e commerciale, dove in Europa abbiamo una presenza limitata, ma che negli USA stanno vivendo una forte espansione. Inoltre, la carenza infrastrutturale negli Stati Uniti è significativa e strutturale, andando oltre i normali cicli di spesa pubblica. La necessità di investimenti in infrastrutture è evidente, e riteniamo che trend come l’interramento delle reti – pensiamo ai tralicci elettrici e alle esigenze legate agli eventi ambientali sempre più frequenti – continueranno a sostenere la domanda per le nostre tecnologie. Per dare un’idea della portata del mercato potenziale, basti pensare che nelle sole regioni in cui opera AGH il settore delle fondazioni valeva 11 miliardi di dollari nel 2024. Questo dimostra che gli spazi di crescita sono enormi, indipendentemente dalle oscillazioni congiunturali”.
Diversificare non vuole comunque dire che le commesse nei business core cesseranno di arrivare. “Negli ultimi anni abbiamo avviato un graduale percorso di diversificazione, guardando a settori contigui come quello relativo alla manutenzione ferroviaria, dove abbiamo acquisito di recente un’importante commessa da RFI e nel quale stiamo investendo importanti risorse – evidenzia Di Palma – Tuttavia, riteniamo che la domanda nel settore della manutenzione stradale e autostradale continuerà a crescere nei prossimi anni, in linea con la costante necessità di disporre di infrastrutture sicure e affidabili per i cittadini. Per questo motivo continueremo a presidiare in modo importante questo settore, continuando ad investire in mezzi e risorse e perseguendo politiche aziendali caratterizzanti come il subappalto zero, che ci permetteranno di consolidare il nostro posizionamento di leadership, caratterizzato da solidità e affidabilità per i nostri clienti”.
Bisogna anche considerare che l’orizzonte di molti interventi infrastrutturali ipotizzati nel PNRR (che deve essere completato nel 2026) è stato spostato in avanti, perché si è scelto di fare uscire alcune opere da questo piano di spesa e finanziarle con altri fondi. Secondo l’ultimo report di Open Polis su dati del servizio studi della Camera, è di 83 miliardi di euro il costo complessivo dei progetti infrastrutturali strategici che ricevono risorse dal PNRR, dal piano complementare o dal fondo per lo sviluppo e la coesione. Si tratta di una somma rivista al ribasso di quasi 50 miliardi dopo le revisioni del PNRR e, dal momento che il report è aggiornato al 30 giugno 2024, non sono da escludere ulteriori variazioni in seguito all’ultima modifica del PNRR approvata. Questa diminuzione del valore è data da una riduzione dei progetti finanziati del tutto o in parte dal piano, una riorganizzazione che comporta diverse criticità e incognite sui tempi di realizzazione: il fatto che molti interventi siano stati spostati su altre fonti di finanziamento è stato spesso motivato con l’impossibilità di rispettare la scadenza del 2026 e di conseguenza non si avranno più tempi certi circa il completamento delle opere fuoriuscite dal piano. In ogni caso, i fondi PNRR stanziati al 30 giugno ammontavano a circa 27,8 miliardi. Quelli provenienti dal PNC erano 16,2 miliardi mentre quelli messi a disposizione dal fondo per lo sviluppo e la coesione erano 4,6 miliardi. Per quanto riguarda le aree di intervento, l’importo complessivo più alto è destinato alle ferrovie (circa 54,2 miliardi). Seguono strade e autostrade (9,9 miliardi), sistemi urbani (9,6 miliardi) e porti e interporti (6,5 miliardi). Nonostante i ritardi sul PNRR e lo spostamento di alcuni progetti su altri fondi, gli operatori rimangono ottimisti sullo sviluppo infrastrutturale in Italia e all’estero, non credendo che questo infrastructure revival sia stata una fase passeggera. “Riteniamo che vi siano ancora significative opportunità da cogliere, sia a livello nazionale che internazionale, per contribuire allo sviluppo infrastrutturale e tecnologico del Paese: la parola d’ordine deve essere non sprecare il presente, per non compromettere il futuro“, chiosa Petrucco.