(Teleborsa) – L’inflazione nell’Area Euro, nel 2025, potrebbe cadere al di sotto di quanto previsto a marzo, agli attuali tassi di cambio e prezzi dell’energia. E’ quanto emerge dai verbali dell’ultima riunione della BCE del 16-17 aprile, pubblicati oggi.
Un passaggio fondamentale, che segnala che “i rischi per la stabilità dei prezzi potrebbero ora essere orientati al ribasso, soprattutto nel breve termine” e che “vi è ora il rischio che l’inflazione possa scendere ben al di sotto del 2% almeno per il resto dell’anno in corso”. Le aspettative di inflazione indicano che l’inflazione potrebbe diminuire più rapidamente di quanto precedentemente ipotizzato a marzo, attestandosi al di sotto del 2% nel 2025 ed a circa l’1,2% all’inizio del 2026, prima di tornare all’1,6% entro la metà del 2026.
“In un orizzonte temporale più lungo – si legge nelle Minutes – le condizioni finanziarie più restrittive, tra cui l’apprezzamento dell’euro, il forte calo dei prezzi del petrolio e del gas e la più debole attività economica sono considerati nuovi importanti fattori che frenano l’inflazione”.
Dalle Minutes della BCE emerge che, nel corso della riunione “i membri hanno ampiamente concordato” sul fatto che i dati più recenti indicano che “il processo disinflazionistico è ben avviato” ed hanno quindi espresso “maggiore fiducia nel ritorno dell’inflazione all’obiettivo, in linea con le proiezioni di marzo”. Tuttavia, queste ultime “non avevano incorporato i più recenti annunci di politica monetaria degli Stati Uniti, che avevano aumentato i rischi al ribasso per la crescita e l’inflazione nel breve termine”.
“Nel medio termine, il quadro dell’inflazione è rimasto più contrastato, poiché gli effetti della spesa fiscale, dei dazi di e dell’interruzione delle catene del valore potrebbero puntare in direzioni diverse” e quindi “gli effetti inflazionistici dei dazi potrebbero superare la pressione disinflazionistica derivante dalla riduzione della domanda estera nel medio termine, soprattutto se l’Unione Europea reagisse imponendo dazi su prodotti non facilmente sostituibili, come i beni intermedi”.
In questo contesto, tutti i membri hanno concordato con la proposta del signor Lane di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse chiave della BCE.
“Alcuni membri avevano segnalato indicato che, prima dell’annuncio dei dazi statunitensi del 2 aprile, avevano ritenuto appropriata una pausa nei tagli dei tassi”, ma gli eventi più recenti hanno “convinto questi membri che il taglio dei tassi di interesse durante l’attuale riunione fornisse una certa assicurazione contro esiti negativi ed evitasse di contribuire ad ulteriore incertezza in periodi di volatilità dei mercati finanziari”. Pochi altri membri hanno avrebbero optato invece per un taglio dei tassi di 50 punti base, attribuendo “maggiore importanza al cambiamento nell’equilibrio dei rischi” su crescita ed inflazione.
“Guardando al futuro, i membri hanno sottolineato che, data l’elevata incertezza, il mantenimento di un approccio basato sui dati e la piena facoltatività in ogni riunione fosse più che mai giustificato“.
Passando agli aspetti comunicativi, i membri hanno osservato che era giunto il momento di eliminare la frase “la nostra politica monetaria sta diventando significativamente meno restrittiva” dalla dichiarazione di politica monetaria, poiché il riferimento a un orientamento restrittivo, dimostratosi utile in fasi passate, “non era più necessario” e la sua eliminazione “ha evitato la percezione che il livello neutrale dei tassi di interesse rappresentasse il punto finale del ciclo in corso, il che non è necessariamente vero”.