(Teleborsa) – Il delisting di Mediobanca costerà a Banca Monte dei Paschi di Siena (Mps) circa 2,62 miliardi di euro, secondo stime basate sull’opas che ha già raccolto il 62,29% delle adesioni. Con una proiezione all’80% nella riapertura dei termini (16-22 settembre), Mps punta al controllo totale tramite un’opa residuale sul 20% restante del capitale, al prezzo di 16,33 euro per azione (0,90 euro cash più 2,533 azioni Mps). L’operazione, che valorizza Mediobanca 13,5 miliardi di euro, promette sinergie da 700 milioni annui e 1,2 miliardi di dta, rafforzando il Cet1 di Mps al 16%. Rischi includono possibili rilanci di prezzo da minoritari e volatilità del titolo Mps per la diluzione azionaria. È quanto emerge da una analisi e da una stima del Centro studi di Unimpresa.
«I 2,62 miliardi di euro per il delisting di Mediobanca rappresentano un investimento strategico per Mps, giustificato dalle sinergie attese (700 milioni di euro annui) e dai benefici fiscali (1,2 miliardi di euro di dta). L’operazione consolida il posizionamento di Mps come attore di primo piano nel sistema finanziario italiano, con un impatto limitato sulla liquidità grazie alla struttura in scambio azionario. Tuttavia, il successo dipenderà dalla capacità di raggiungere adesioni vicine all’80% nella riapertura dei termini e di gestire eventuali resistenze da parte dei minoritari. Monitorare i comunicati ufficiali di Mps e Borsa Italiana nei prossimi giorni sarà cruciale per confermare l’evoluzione dell’operazione e l’effettiva fattibilità del delisting a queste condizioni economiche» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Il corrispettivo offerto, pari a 16,33 euro per azione (2,533 azioni Mps di nuova emissione più 0,90 euro in contanti), osserva Unimpresa, riflette un premio dell’11,4% rispetto al prezzo di mercato di Mediobanca pre-offerta, rendendo l’operazione attraente per gli azionisti.
Il costo di 2,62 miliardi di euro si riferisce all’acquisto delle azioni residue (circa il 20% del capitale, pari a 160,7 milioni di azioni) necessarie per raggiungere il 100% e procedere al delisting tramite un’opa residuale obbligatoria. Questo importo, precisa Unimpresa, sebbene elevato, è solo una frazione del valore complessivo dell’operazione, stimato in circa 13,5 miliardi di euro per il 100% di Mediobanca. Di questi, circa 10,8 miliardi sono già stati impegnati per acquisire l’80% del capitale, con un esborso in contanti limitato (circa 600 milioni per l’80%) grazie alla struttura prevalentemente in scambio azionario. I 2,62 miliardi per il delisting completano quindi il percorso verso il controllo totale, eliminando il flottante e consentendo la revoca della quotazione da Borsa Italiana.
L’operazione, aggiunge Unimpresa, non compromette la politica di dividendi (fino al 100% degli utili), un aspetto cruciale per mantenere la fiducia degli investitori. Il costo del delisting va però valutato in relazione ai benefici attesi. Mps stima sinergie di costo e di ricavo pari a 700 milioni di euro annui, derivanti dall’integrazione operativa e commerciale con Mediobanca. A queste si aggiungono 1,2 miliardi di euro di dta (deferred tax assets) che l’acquisizione sbloccherebbe, rafforzando ulteriormente la posizione patrimoniale. Considerando un multiplo di 3-4 anni per il recupero delle sinergie, i 2,62 miliardi di euro per il delisting appaiono giustificabili, soprattutto se confrontati con il valore di mercato di Mediobanca (circa 16-17 miliardi di euro, con prezzi azionari recenti intorno ai 20 euro).
Il delisting di Mediobanca è un passo cruciale per massimizzare il valore dell’operazione. “Una Mediobanca non quotata consente a Mps di integrare pienamente le attività, eliminando i vincoli di governance legati alla presenza di azionisti di minoranza e semplificando decisioni strategiche, come fusioni o razionalizzazioni. Mediobanca, con il suo posizionamento nel wealth management, investment banking e credito al consumo, rappresenta un complemento ideale per Mps, che punta a diversificare il proprio modello di business oltre la banca retail tradizionale. Il controllo totale garantisce anche una gestione più fluida delle partecipazioni chiave di Mediobanca (Generali), rafforzando l’influenza di Mps nel panorama finanziario italiano”, afferma Unimpresa.
“L’adesione già al 62,29%, con una proiezione all’80%, dimostra il sostegno di azionisti rilevanti (come Delfin e Caltagirone), ma il delisting richiede il 100% per evitare complicazioni legali o contestazioni da parte dei minoritari. Il prezzo di 16,33 euro per azione, congruo rispetto al mercato e validato da Consob, riduce il rischio di ricorsi, ma un flottante residuo significativo potrebbe spingere Mps a valutare alternative, come una fusione inversa, che però comporterebbe complessità operative e tempistiche più lunghe”.
Nonostante il razionale solido, l’operazione presenta rischi. “Primo, il costo di 2,62 miliardi di euro si basa sull’assunzione che il prezzo dell’opas (16,33 euro) sia accettato senza rilanci. Se azionisti minoritari o fondi speculativi chiedessero un premio più alto, il costo potrebbe aumentare, soprattutto in un contesto di mercato volatile (Mediobanca quota a ~20 euro). Secondo, la diluzione derivante dall’emissione di nuove azioni Mps (circa 406 milioni di azioni per il 20% residuo) potrebbe pesare sul prezzo del titolo Mps, anche se l’impatto è mitigato dalla forza patrimoniale post-operazione. Terzo, un’adesione inferiore al 66,7% nella riapertura dei termini complicherebbe il delisting, richiedendo soluzioni alternative come un’offerta a prezzo più alto o una revoca tramite assemblea straordinaria, con rischi di contenzioso”, conclude Unimpresa.