(Teleborsa) – Il mercato italiano del private debt continua la sua fase di espansione, mostrando una crescita sostenuta sul fronte degli investimenti. Nel primo semestre 2025, secondo i dati diffusi da AIFI in collaborazione con CDP, sono stati investiti 2,1 miliardi di euro, con un incremento del 66% rispetto ai 1,27 miliardi dello stesso periodo del 2024. Il numero di società finanziate è salito a 94, in aumento del 18%, a testimonianza della crescente diversificazione degli operatori e dell’ampliamento del mercato verso nuove imprese. Escludendo le operazioni di importo superiore ai 100 milioni di euro, l’ammontare investito risulta comunque in crescita dell’8%, segnale di una maggiore attività anche sulle fasce di mercato medio-piccole. Gli operatori internazionali continuano a svolgere un ruolo rilevante, con il 78% dell’ammontare investito, mentre gli investitori domestici si distinguono per il numero di operazioni (61%).
Sul fronte della raccolta, il trend appare meno positivo. Nel primo semestre 2025, i fondi di private debt hanno raccolto complessivamente 464 milioni di euro, in calo del 21% rispetto ai 589 milioni registrati l’anno precedente. La quota prevalente proviene dal settore pubblico e dai fondi di fondi istituzionali (42%), seguiti da fondi pensione e casse di previdenza (20%) e dalle banche (poco meno del 20%). La raccolta è quasi interamente di provenienza domestica (99%), confermando la limitata partecipazione di investitori esteri. Come sottolineato dal presidente AIFI Innocenzo Cipolletta, il mercato “soffre di un ulteriore calo del 21%” e necessita di “un’azione di sistema per aumentare la dimensione degli operatori italiani”, così da poter competere su scala internazionale.
Analizzando la struttura delle operazioni, emerge che il 73% degli interventi è rappresentato da finanziamenti diretti, mentre il 23% riguarda la sottoscrizione di obbligazioni. I finanziamenti senior dominano sia per numero di operazioni (56%) che per ammontare (73%), seguiti dalle formule unitranche (12% del capitale investito). Il 40% delle operazioni è stato realizzato in forma di club deal, il 25% come arranger unico e il 20% tramite sindacazione. La durata media delle operazioni si attesta intorno ai sei anni, con uno spread medio di 4,9 punti percentuali sopra l’Euribor a sei mesi. Interessante notare che circa un terzo dei finanziamenti è legato a criteri ESG, segnale della crescente attenzione alla sostenibilità finanziaria.
Dal punto di vista settoriale e geografico, la Lombardia si conferma la regione leader, con il 41% delle operazioni, seguita dal Veneto (14%). Il settore dei beni e servizi industriali concentra il 22% degli investimenti, seguito da energia e ambiente (16%). Le PMI restano protagoniste, rappresentando il 49% delle società finanziate, a dimostrazione del ruolo del private debt come strumento alternativo di finanziamento alla crescita. Quanto agli obiettivi degli investimenti, il 48% dell’ammontare è stato destinato a operazioni di sviluppo, con una forte componente di crescita esterna (39%), mentre i buy out rappresentano il 27%. In termini di numero di operazioni, i buy out restano la categoria prevalente (42%).