(Teleborsa) – C’è un modo di parlare di accessibilità che sembra essersi imposto come unica direzione: quella ai servizi, alle procedure, ai diritti essenziali. Ma c’è un altro accesso, altrettanto necessario e troppo spesso dimenticato, che riguarda la possibilità di entrare nella bellezza. Nell’arte, nel teatro, nella musica, nei luoghi in cui una comunità riconosce se stessa, si forma, si emoziona. È da questa consapevolezza che Puntosrt – realtà italiana da anni attiva nell’audiodescrizione e nella sottotitolazione per persone sorde nei contesti televisivi, cinematografici e teatrali – insieme all’Università UNINT, ha promosso per il 10 dicembre una giornata di studio dedicata all’accessibilità culturale come bene comune: Accessibilità audiovisiva agli spettacoli dal vivo.
Un incontro che ha riunito professionisti del teatro, della televisione, rappresentanti delle istituzioni e del terzo settore per affrontare una sfida ancora aperta: rendere l’esperienza artistica realmente accessibile a tutte le persone con deficit sensoriali.
Aperto dal Direttore Generale Spettacolo del Ministero della Cultura Antonio Parente e animato dagli interventi di esponenti di RAI, Teatro alla Scala, UICI, ENS e del mondo accademico il convegno ha messo in luce la frammentarietà delle pratiche attuali e la necessità urgente di linee guida nazionali capaci di unificare criteri, strumenti e metodologie.
Nel corso della giornata, dedicata anche a workshop operativi sulla sottotitolazione e sull’audiodescrizione, è emersa con chiarezza la volontà condivisa di avviare un tavolo stabile tra istituzioni, professionisti e associazioni per trasformare l’accessibilità culturale in un bene comune, superando l’attuale logica delle “repliche accessibili” e costruendo invece un modello di spettacolo realmente inclusivo. È in questo contesto che si inserisce la riflessione di Stefano Raimondi, Direttore Generale di PuntoSRT, che ha approfondito i principali nodi critici emersi dal convegno.
Raimondi, qual è oggi il principale ostacolo all’accessibilità culturale in Italia?
L’accessibilità culturale nel nostro Paese fa ancora fatica ad affermarsi. Si ragiona troppo spesso con logiche numeriche e commerciali, e si dimentica che l’accessibilità reale va garantita soprattutto quando le proporzioni sono sfavorevoli a chi ha un deficit. Quando costruiamo una casa, non ci chiediamo se inserire l’acqua o la corrente elettrica: è scontato. Lo stesso dovrebbe valere per cinema e teatri, dove sottotitoli e audiodescrizioni dovrebbero essere presenti a prescindere.
Online si cercano sempre più spesso informazioni su spettacoli accessibili. Che quadro emerge?
Basta digitare “spettacoli accessibili”, “audiodescrizione a teatro” o “sottotitoli a teatro” per rendersene conto: tra i primi risultati compaiono le aziende che offrono questi servizi, e solo dopo qualche teatro che propone qualche replica accessibile. Questo la dice lunga. Ma soprattutto, nel 99,9% dei casi non parliamo di uno spettacolo accessibile, bensì di una singola replica accessibile. È come se un supermercato installasse le rampe per le persone con deficit motorio solo un giorno al mese.
L’Italia è tra i Paesi con più produzioni teatrali. Questo incide sul tema?
Assolutamente sì. Abbiamo un numero altissimo di produzioni teatrali, dai grandi classici alle realtà più piccole. Ma più aumenta la produzione, più aumenta anche il divario legato alla mancata accessibilità. Senza un quadro di riferimento nazionale, ogni spettacolo si muove a sé.
A proposito di linee guida: cosa manca oggi?
Mancano linee guida consolidate a livello nazionale. Nel mondo televisivo, Rai ha lavorato per oltre trent’anni insieme alle associazioni per arrivare a direttive chiare sulla sottotitolazione, aggiornandole via via. Ma se oggi accendo una smart TV, trovo sottotitoli “per non udenti” completamente diversi tra Mediaset, Netflix, Disney+, Sky o Prime Video. Sono mondi editoriali slegati.
Nel teatro la situazione è ancora più complessa: ogni produzione adotta criteri propri, spesso basati sull’esperienza del precedente committente. Non esiste un riferimento comune.
Da qui nasce la vostra iniziativa con l’Università. Che obiettivo vi siete dati?
Io e la dottoressa Laura abbiamo voluto fortemente creare un primo momento di confronto tra addetti ai lavori, istituzioni e terzo settore. L’obiettivo è avviare un tavolo stabile per redigere linee guida nazionali condivise, così da promuovere la sottotitolazione e l’audiodescrizione in ogni spettacolo dal vivo.
State lavorando anche a una pubblicazione dedicata?
Sì, stiamo preparando un vademecum che raccolga le nostre esperienze di sottotitolazione e audiodescrizione. Sarà una base tecnica e metodologica su cui costruire gli sviluppi futuri insieme agli altri attori coinvolti.
Quanto possono incidere le nuove tecnologie in questo campo?
La tecnologia da sola non salverà il mondo, né l’accessibilità. Ma oggi sta diventando un vero game changer. Gli smart glasses che permettono di leggere i sottotitoli o le piattaforme che generano voci realistiche tramite AI non sono più una visione futuristica: sono già realtà.
Da un lato migliorano l’esperienza, dall’altro abbattono in modo significativo i costi di produzione dei contenuti accessibili. Questo permette di generare molto più materiale, in modo esponenziale. Il risultato? Non è più solo possibile farlo: ora è un dovere.
(Foto: Foto Valentina Sensi)
