(Teleborsa) – Uno dei maggiori cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro negli ultimi quattro anni, calcolando la pandemia come spartiacque, è stata l’adozione diffusa e la disponibilità di modalità di lavoro flessibili. La domanda di flessibilità è balzata in primo piano durante il Covid ma sembrerebbe che, a livello mondiale, abbia perso di importanza per alcune aziende, che sono tornate come se nulla fosse a modalità di lavoro obsolete.
Lo rivela la survey “People at Work 2024: A Global Workforce View” dell’ADP Research Institute. Il report, condotto su oltre 34.000 lavoratori in 18 Paesi, circa 2000 in Italia, analizza la percezione che i dipendenti hanno dell’attuale mondo del lavoro e di ciò che si aspettano e sperano di ottenere dal proprio datore di lavoro in futuro.
Nel complesso, analizzando i dati italiani, l’indagine rileva che gli orari flessibili sono fondamentali per il 29% dei lavoratori, mentre l’11% preferisce poter scegliere un luogo flessibile. I lavoratori di tutte le età attribuiscono comunque alla flessibilità di orario e di luogo un’importanza inferiore rispetto al salario (52,7%), alla sicurezza del lavoro (34%), alla gratificazione lavorativa (40%) e all’avanzamento di carriera (21%).
L’indagine mostra che la quota di lavoratori che lavora a tempo pieno in ufficio è calata di un punto percentuale nel 2023, passando dal 45% nel 2022 al 44%. In effetti, la percentuale di lavoratori a distanza, pari al 56%, è cresciuta di due punti percentuali (54% nel 2022).
Il desiderio di flessibilità varia con l’età: Il 31% dei lavoratori di età tra i 45 e i 54 anni mette l’orario flessibile tra le massime priorità, lo fa il 30% di quelli tra i 25 e 44, mentre la percentuale scende al 26% nella fascia 18-24 e over 50.
“Il desiderio di modalità di lavoro flessibili non sta scomparendo, sta semplicemente cambiando priorità insieme ad altri attributi lavorativi che i lavoratori apprezzano, come l’avanzamento di carriera e il piacere nello svolgere il proprio lavoro- afferma Nela Richardson, capo economista di ADP -. La nostra indagine offre una lezione importante per le aziende. Sebbene i lavoratori apprezzino l’autonomia offerta dagli accordi di lavoro flessibili, sentono anche un maggiore controllo da parte dei loro datori di lavoro, che dovrebbero invece stabilire standard chiari per il lavoro fuori sede e comunicarli chiaramente per alimentare la fiducia reciproca”.
Genitorialità e flessibilità
Il 26% dei lavoratori con figli neonati afferma che il proprio datore di lavoro è diventato più flessibile riguardo agli orari. Lo pensa anche il 17% di chi ha figli tra uno e 5 anni e il 23% tra chi ha figli tra i 6 e 10 anni. Tuttavia, i lavoratori a distanza con neonati e bambini piccoli si sentono particolarmente vulnerabili: il 10% dei genitori che lavorano a distanza con neonati o bambini molto piccoli afferma di non sentirsi sicuro del proprio lavoro.
Una forza lavoro multigenerazionale
Mentre i lavoratori più anziani vanno in pensione e una nuova generazione entra in azienda, le società dovranno affrontare le diverse priorità di una forza lavoro con età molto diverse. In prospettiva, bilanciare le iniziative aziendali che supportano più generazioni sarà fondamentale per promuovere un ambiente di lavoro positivo. Al momento ci sono alcuni fattori chiave di differenziazione tra i lavoratori più senior e quelli più giovani:
Quando le persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni si inseriscono nel mondo del lavoro e iniziano ad avanzare nella propria carriera, sono meno propense di qualsiasi altro gruppo a ritenere una priorità assoluta il godimento quotidiano del proprio lavoro (22%). Ciò significa che solo 1 su 5 dà importanza al fatto di svolgere o meno un lavoro che gli piaccia e lo soddisfi pienamente. A differenza dei loro colleghi più anziani, i lavoratori di età compresa tra i 24 e 44 anni danno priorità alla libertà oraria: il 30% dei lavoratori di età compresa tra 24 e 44 anni, infatti, colloca la flessibilità oraria tra le massime priorità, rispetto al 26% dei lavoratori di età pari o superiore a 55 anni.
Uno dei maggiori cambiamenti nel mondo del lavoro globale è stata l’adozione diffusa di modalità di lavoro flessibili. Abbracciando questo cambiamento, il 14% degli adulti dai 24 ai 35 anni apprezza la libertà di scegliere dove lavorare, così il 12% degli adulti dai 18 ai 24 rispetto al 6% dei lavoratori di età pari o superiore a 55 anni.
Man mano che i lavoratori invecchiano attribuiscono maggiore importanza allo stipendio. La maggior parte dei lavoratori tra i 35 e 44 anni considera lo stipendio una priorità assoluta (57%), tra i 45 e i 54 anni il 54%, per il 47% dei lavoratori tra i 25 e i 34 anni e “solo” per il 35% dei lavoratori tra i 18 e i 24 anni.
I lavoratori ritengono che la loro presenza sia monitorata
Le modalità di lavoro a distanza adottate da molti dipendenti e datori di lavoro hanno comportato uno svantaggio: i lavoratori remoti hanno maggiori probabilità di sentirsi controllati dalle loro organizzazioni. La maggior parte dei lavoratori ritiene che i propri datori di lavoro monitorino il loro orario e le loro presenze, indipendentemente da dove si trovino, ma questa convinzione è più diffusa tra i lavoratori ibridi (56%). Anche i lavoratori a distanza (53%) hanno maggiori probabilità rispetto ai loro colleghi in sede (52%) di sentirsi osservati.
La stessa opinione è condivisa dai manager, anche loro sentono l’occhio vigile dei datori di lavoro. In effetti, sono più propensi dei singoli lavoratori a credere di essere monitorati. Oltre il 67% dei dirigenti afferma che i propri datori di lavoro li osservano più da vicino, rispetto al 50% dei singoli collaboratori.