(Teleborsa) – Il settore dell’agroalimentare in Italia è quello che porta più valore aggiunto al Pil, una performance che vale 4,5 volte quella dell’automotive, e si conferma asset strategico per la competitività del Paese. È al quindicesimo posto per produttività, ma l’Italia è tra i primi 5 paesi in UE per valore generato dal mercato della robotica agricola: ricavi di 1.600 euro per ogni milione generato dall’agricoltura, il doppio del valore europeo.
Tuttavia, il settore deve continuare ad evolversi e adattarsi alle nuove tendenze di consumo: filiera corta, attenzione alle etichette, e cibi naturali, acquistati soprattutto presso i supermercati della catena Coop (30%), Esselunga (25%) e Lidl (20%), secondo dati Forbes e Gambero Rosso rielaborati da Rome Business School (2024).
Queste tra le analisi del report “Settore food in Italia. Trend di consumo e modelli di business” curato da Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School. “Stiamo assistendo ad un’evoluzione del settore agroalimentare. Maggiore attenzione nella selezione degli ingredienti, provenienti possibilmente da allevamenti e impianti agricoli locali, controllo dei fattori salutistici dei piatti proposti all’interno dei propri ristoranti e più scelta vegetale sugli scaffali di botteghe e grandi supermercati, sono solo alcuni dei fattori determinanti di quelli che saranno i food trend da tenere d’occhio nel 2024”.
I consumatori sono sempre più responsabili, ma anche più esigenti, maggiore attenzione è rivolta alla sostenibilità ambientale, quindi a cibi naturali, km 0 e meno processati, per prendersi cura della propria salute e dell’ambiente. Infatti, secondo il Food Trends & Innovation Report dell’istituto di ricerca Censuswide già nel 2022, il 46% delle persone in Europa si confermava interessato a conoscere la provenienza degli alimenti, prediligendo l’acquisto di quelli locali, ed è disposto a spendere di più per una migliore qualità degli ingredienti. Nel caso dell’Italia, il 45% dei consumatori scarta i prodotti con conservanti, il 66% predilige i prodotti bio (Cortilia, 2023).
Si osserva un intesse crescente verso la carne coltivata (la FAO stima che avrà un mercato globale di 2,1 miliardi di dollari entro il 2033 e di 13,7 miliardi entro il 2043) e gli alimenti plant-based, con un mercato di 162 miliardi di dollari entro il 2030, rappresentando il 7,7% del mercato globale delle proteine (Bloomberg); e la contaminazione culturale. In quest’ultimo caso, sono anche gli chef ad incorporare spezie, foglie ed elementi che non solo arricchiscono i sapori, ma introducono nuovi profili aromatici e benefici nutrizionali, offrendo un’esperienza culinaria più ricca e diversificata.
Secondo l’analisi del New York Times (dicembre 2023), i ristoranti più audaci e improntati all’innovazione faranno uso dell‘intelligenza artificiale per conoscere le preferenze dei clienti e personalizzare la loro esperienza: l’IA è in grado di analizzare i dati relativi alle scelte dei clienti, suggerendo piatti che meglio si adattano ai loro gusti e alle loro esigenze dietetiche.
“L’uso dell’IA in cucina potrà anche ottimizzare le operazioni del ristorante, dalla gestione dell’inventario alla previsione della domanda, migliorando l’efficienza e riducendo gli sprechi. Inoltre, tecnologie come la stampa 3D di cibo e i robot da cucina stanno iniziando a fare il loro ingresso nei ristoranti, promettendo di trasformare ulteriormente il modo in cui prepariamo e consumiamo il cibo”, afferma Valerio Mancini. Abbracciare quindi la tecnologia porta indubbiamente grandi vantaggi, ma gli investimenti pubblici in Italia destinati alla ricerca e sviluppo del settore agricolo arrivano solo a 5,2euro pro-capite, il diciassettesimo posto nell’Unione (media di 7,6euro a persona). L’Italia infatti, tra le prime quattro economie UE – Germania, Francia e Spagna – si colloca in ultima posizione. Guardando al mercato della robotica agricola invece, è tra i top 5 nell’UE per valore generato, con ricavi pari a 1.600 euro per ogni milione generato dall’agricoltura, il doppio del valore europeo.
Della filiera agroalimentare italiana, l’agricoltura e l’industria alimentare e delle bevande ne rappresentano insieme quasi il 39% dell’intero valore. Più nel dettaglio, la fase industriale spiega oltre il 27% del totale e l’agricoltura un ulteriore 11%. Completano il quadro il commercio all’ingrosso e al dettaglio, i quali insieme pesano per ben il 53% del totale. Infine, la ristorazione raggiunge un fatturato di quasi 45 miliardi, equivalenti all’8% del sistema complessivo (dati CREA Politiche e Bioeconomia, settembre 2023).
L‘industria alimentare italiana è al terzo posto nella graduatoria dei paesi UE, dopo Germania e Francia, ma prima della Spagna (The European House – Ambrosetti, giugno 2024). La filiera vale quasi 67 miliardi di euro, risultando in un valore aggiunto sul PIL del 3,8% contro una media europea del 4,1%. Detto ciò, se si considera in maniera estesa con le sue filiere a monte e valle, si generano 335 miliardi di euro di valore aggiunto, abilitando la generazione del 19% del Pil nazionale.
L’agroalimentare italiano mantiene il primato in diversi settori industriali, secondo TEHA (giugno 2024). L’Italia domina l’industria pastaria con il 73% del fatturato UE e ha un ruolo importante nell’industria vitivinicola con il 28%, dietro alla Francia (36%) e davanti alla Spagna (20%). Nei prodotti da forno e biscotti, l’Italia genera il 21% del fatturato europeo, superando Germania (16%), Spagna (13%) e Francia (12%). Tuttavia, la Germania guida nel segmento dolciario con il 27% contro il 16% dell’Italia. Nel settore del caffè, tè e tisane, la Francia è leader con il 29%, seguita dall’Italia (17%) e dalla Germania (14%).
Per quanto riguarda, invece, il livello di produttività, l’Italia si colloca al 15º posto in Europa con una media di 45mila euro per addetto, inferiore alla media UE-27 di 52mila (-13%). “La correlazione tra dimensione aziendale e produttività è positiva e crescente”, afferma Valerio Mancini. Infatti, se la filiera italiana volesse raggiungere la produttività media della top-10 dei Paesi più produttivi in UE (da 45mila euro per addetto a 80mila euro per addetto), dovrebbe più che triplicare la dimensione media delle imprese del settore (da 3 milioni di euro medi per azienda a 10,1 milioni).
Il food delivery è un settore che muove un mercato da 1,8 miliardi di euro al mondo e un servizio che raggiunge il 71% della popolazione italiana, in continua crescita: l’e-commerce alimentare tra il 2010 e oggi è aumentato mediamente del 39% all’anno (TEHA, 2023). In Italia i player principali sono Just Eat (51% della popolazione), Glovo (41%) e Deliveroo (39%), usati mensilmente dal 21% degli utenti, per la maggior parte persone tra 18 e 34 anni, secondo dati YouGov 2024. Gli italiani ordinano soprattutto pizza: 7 su 10 utenti affermano di ordinare la pizza tramite delivery. Secondo posto in classifica è il fast food con il 29% (pollo fritto, bibite gasate) e poi gli hamburger (28%). I servizi e le app di food delivery sono molto apprezzati dagli italiani principalmente per la comodità del servizio (61%), la possibilità di scegliere l’orario di consegna (40%) e di pagare online (35%), oltre alla rapidità della consegna (29%) e alla possibilità di monitorare l’ordine (27%). Tuttavia, i principali punti di debolezza includono il cibo che si raffredda durante il tragitto (36%), i ritardi nelle consegne (24%), il costo elevato del servizio di consegna (19%), errori nei prodotti consegnati (16%), l’impatto ambientale degli imballaggi monouso (15%) e la difficoltà nel contattare il corriere (13%).
Non si consegnano solo “piatti pronti“, ma negli ultimi anni si è anche verificato un aumento anche dei meal kit a domicilio. Si tratta di box contenenti gli ingredienti già dosati che opportunamente combinati permettono di realizzare una data ricetta. Secondo un’analisi di Statista, il mercato delle Meal Kit Delivery in Italia dovrebbe raggiungere un fatturato di 6,21 milioni di euro nel 2024 e si arriverà a oltre 23 mila utenti nei prossimi 4 anni.
Per chi, invece, opta per il ristorante, la ristorazione rimane un’eccellenza italiana e un comparto in continua crescita, ha registrato nel 2023 un incremento del +22% nel 2023 (Deloitte). “La food hotel experience e la ricerca di piccoli ristoranti che offrono menù a base di prodotti locali, quasi di nicchia, e generalmente prodotti direttamente, insieme a una sempre maggiore attenzione verso l’aspetto visivo dei piatti si confermano i trend del 2024”, conclude Mancini.