(Teleborsa) – “Occorre un piano pluriennale di interventi strutturali ed adeguate misure preventive di protezione civile”. Lo ha dichiarato il Presidente della Fondazione Centro studi del Consiglio Nazionale dei Geologi, Lorenzo Benedetto, che nella giornata di ieri ha effettuato un sopralluogo nei luoghi interessati dall’alluvione, alla frazione Talanico del Comune di San Felice a Cancello. Il nubifragio verificatosi nella zona, nel pomeriggio del 27 u.s., ha fatto registrare precipitazioni molto intense pari a 70 mm in circa 2 ore, che hanno interessato il settore di versante meridionale di Monte Piano del Termine, situato a ridosso dell’abitato di Talanico, determinando fenomeni intensi di erosione diffusa e concentrata in rivoli e solchi
Nel corso del sopralluogo il Presidente Benedetto ha constatato, inoltre, che a causa della presenza di alcune strade alveo si è determinata una concentrazione del flusso d’acqua frammista al materiale eroso, proveniente dal ruscellamento del suddetto versante, nella parte sommitale dell’abitato, all’altezza di Via Foresta. Successivamente il flusso ipercontrato è defluito dapprima lungo Via San Pietro e successivamente in Via Talanico, dove ha travolto l’Ape con a bordo le due persone disperse. Dunque le intense precipitazioni e l’intervento antropico di trasformazione degli alvei in strade pavimentate in calcestruzzo, sono state le cause determinanti del disastro.
Il Comune di San Felice a Cancello, che nel recente passato (alluvione di Sarno 1998) era già stato interessato da fenomeni di dissesto idrogeologico, è uno tra i Comuni a maggior rischio, sia idraulico che da frana.
Gli indicatori di rischio dell’ultimo rapporto ISPRA, indicano dati molto al disopra della media nazionale, con un 43% del territorio comunale classificato a rischio molto elevato da frana ed il 10% a rischio idraulico. Inoltre circa il 40% della popolazione rientra in aree a rischio molto elevato.
L’elevata complessità e diffusione delle problematiche legate al dissesto idro-geologico, anche in relazione all’aggravamento dovuto agli ormai acclarati cambiamenti climatici in atto, impone l’adozione di una strategia di adattamento, di mitigazione e di gestione del rischio, che deve prevedere, un approccio integrato tra la realizzazione di interventi strutturali (opere) ed il porre in essere azioni e interventi non strutturali, prevedendo maggiori risorse tecniche ed economiche.
Facciamo qualche esempio di azioni ed interventi non strutturali. Aggiornare e approfondire gli studi dei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) e di Gestione delle Alluvioni; gli eventi accaduti a Talanico hanno interessato anche aree non classificate a rischio.
Adeguare la Pianificazione Urbanistica Comunale al fine di recepire la Pianificazione di Bacino nei propri strumenti urbanistici comunali, anche approfondendo le conoscenze. Una corretta pianificazione consentirebbe infatti di evitare nuovi insediamenti in aree pericolose e di attuare quindi uno sviluppo compatibile e sostenibile con l’assetto territoriale, attuando anche scelte di delocalizzazione e dunque di rigenerazione urbana dei territori a rischio.
Monitorare e Presidiare il territorio per tenerlo costantemente sotto controllo attraverso strumentazioni adeguate ed un presidio continuativo ed esperto operato da parte dei geologi ed ingegneri, non soltanto in emergenza ma anche in “tempo di pace”.
Aggiornare e soprattutto attuare i Piani di Protezione Civile, quale supporto operativo fondamentale per la gestione delle emergenze al fine di ridurre il danno, in caso di eventi, soprattutto in termini di salvaguardia della vita umana. Ormai quasi tutti i Comuni se ne sono dotati ma pochi li applicano durante le emergenze, anche per mancanza di fondi dedicati. Non vengono fatte esercitazioni, i cittadini non vengono informati, per cui i piani spesso risultano del tutto inefficaci, sia per la gestione delle fasi di allertamento, che di quelle dell’emergenza.
Manutenere il territorio e non solo fiumi e torrenti ma anche i terreni presenti sui versanti il cui abbandono diventa spesso concausa dei fenomeni di dissesto.
Occorre infine semplificare una governance ancora troppo complessa e frammentata (circa 20 Enti interessati con varie competenze) e rafforzare il coordinamento tra i soggetti istituzionali coinvolti per migliorare i processi amministrativi e per velocizzare le fasi della spesa.