(Teleborsa) – Gestire un’azienda in Europa negli ultimi anni non è stato facile: condizioni economiche complicate e tecnologie in continua evoluzione hanno spinto le realtà ad adattarsi per rimanere in vita, mentre sono aumentate le dichiarazioni di insolvenza, precisamente dell’11% dal 2022. In risposta a queste sfide, diventa sempre più accentuata la necessità di cambiamenti radicali nelle strutture organizzative, nei processi operativi e nelle strategie di mercato. Una significativa percentuale di aziende europee sta infatti affrontando pressioni crescenti per trasformarsi o ristrutturarsi.
È quanto emerge dall’ultimo Transform and Special Situations (TSS) Index di Boston Consulting Group (BCG) intitolato “Why One in Five European Companies Needs to Transform”, che fa il punto sulle prestazioni e la stabilità finanziaria di oltre 2.000 aziende pubbliche, con un focus su Austria, Francia, Germania, Italia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Regno Unito e Paesi nordici (Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia).
Dalla fotografia emerge che circa un’azienda europea su cinque (21%) è sotto forte pressione a causa di prestazioni operative deboli o instabilità finanziaria che spingono verso una trasformazione, in aumento di 7 punti percentuali rispetto al 2023. Per alcune aziende europee, la pressione è ancora più forte: circa una su quindici (7%) ha superato la necessità di una trasformazione e deve ora considerare misure drastiche per ristrutturare sia le operation che il bilancio.
“La trasformazione aziendale è un processo complesso che richiede non solo l’adozione di nuove tecnologie e processi, ma anche un cambiamento culturale all’interno dell’organizzazione”. Afferma Lamberto Biscarini, Managing Director e Senior Partner di BCG. “Le aziende devono essere pronte a ridefinire le proprie priorità e preparare il personale alle nuove sfide. Solo attraverso un approccio integrato e strategico sarà possibile affrontare efficacemente le pressioni esterne e prosperare in un ambiente competitivo in continua evoluzione”.
Nel corso dell’ultimo anno, l’importanza della trasformazione è diventata sempre più evidente anche nelle narrazioni aziendali. Utilizzando l’intelligenza artificiale, BCG ha rilevato un aumento del 24% delle menzioni di trasformazione nelle dichiarazioni aziendali e nei documenti pubblici dal primo trimestre del 2023 al primo trimestre del 2024. Anche i riferimenti alle necessità di ristrutturazione sono cresciuti del 16% nello stesso periodo. Alcune regioni, come i paesi nordici e la Germania, stanno affrontando pressioni particolarmente elevate, con rispettivamente il 27% e il 33% delle aziende che necessitano di trasformarsi urgentemente.
Tra i Paesi che sentono maggiormente la spinta per attuare dei cambiamenti aziendali ci sono i Paesi nordici, in cui circa una azienda su quattro rileva difficoltà (27%). In Germania e Austria, il numero sale a una su tre aziende (33%), significativamente al di sopra della media europea (21%). Nei Paesi del sud Europa, tra cui l’Italia, la situazione è in leggero miglioramento, sebbene rimanga critica. La percentuale di aziende sotto pressione per trasformarsi è infatti diminuita del 10% rispetto al 2023 arrivando oggi al 16%, mentre il 6% subisce pressioni per ristrutturare.
In particolare, il settore immobiliare vede l’urgenza maggiore, con oltre la metà delle aziende (52%) che necessitano di una trasformazione radicale e un 16% che affronta pressioni per una ristrutturazione aziendale. Questo tasso è più di due volte superiore a qualsiasi altro settore analizzato. Vi sono poi le telecomunicazioni, con il 17% delle aziende sotto pressione per trasformarsi e il 20% per ristrutturarsi a causa delle spinte inflazionistiche che portano sia i consumatori che le aziende a ridurre i propri budget per prodotti e servizi. Infine, il comparto retail, con il 20% delle aziende ad affrontare pressioni per la trasformazione e il 17% per la ristrutturazione. Le cause sono la bassa fiducia dei consumatori e lo spostamento continuo verso l’e-commerce, che porta i rivenditori a non giustificare grandi reti di negozi fisici.
In Italia, questa situazione è ulteriormente complicata dal fatto che la gran parte delle aziende è costituita da piccole e medie imprese che, per le dimensioni ridotte e con una struttura gestionale meno formale (spesso sono a conduzione familiare), incontrano maggiori difficoltà nel rilevare tempestivamente i segnali di crisi e nel prendere provvedimenti adeguati.
Come spiega Biscarini: “Le PMI italiane tendono ad avere risorse limitate per l’analisi e il monitoraggio finanziario, il che rende più difficile identificare i problemi operativi e finanziari prima che diventino gravi. Inoltre, la gestione familiare può portare a decisioni influenzate da dinamiche personali e legami emotivi, anziché basate su analisi oggettive e dati concreti. Questo può ritardare l’adozione di misure correttive necessarie per affrontare per tempo le sfide economiche e tecnologiche in continua evoluzione”.
Nonostante il nostro Paese abbia sfide più complesse per le PMI, “il messaggio è che l’Italia, è messa meno peggio rispetto al resto dell’Europa – conclude Biscarini. Tuttavia, è cruciale continuare ad agire in modo preventivo per affrontare le crisi economiche. Le nuove regolamentazioni, come la composizione negoziata, rappresentano strumenti fondamentali per supportare le aziende in difficoltà e prevenire le insolvenze”.