(Teleborsa) – Si chiude un 2024 drammatico per il commercio, caratterizzato da uno “tsunami di negozi”. È quanto emerge da un’analisi condotta da Confesercenti sui dati camerali, da cui emerge che l’anno scorso hanno avviato l’attività appena 23.188 nuove imprese del commercio ed hanno chiuso i battenti ben 61.634 esercenti: un rapporto vicino ad 1 apertura per ogni 3 chiusure, il peggiore degli ultimi dieci anni.
Di quesot passo si richiano aperture “zero” nel 2034. La crisi di natalità nel commercio, infatti, è un “fenomeno strutturale”: nel 2014 le aperture erano state 43.324, pari a poco più di 118 al giorno, mentre nel 2024, il ritmo giornaliero di iscrizioni si è ridotto a 63,5, quasi la metà. Un crollo diventato via via più veloce a partire dal 2020 che potrebbe portare nel 2034 ad azzerare completamente le aperture.
A preoccupare è anche la dinamica delle cessazioni: nel 2024 hanno abbassato la saracinesca ogni giorno 169 attività, contro le 139 del 2020, l’anno del covid.
La desertificazione commerciale è un fenomeno comune a tutte le regioni, ma in alcune è più accentuato, ad esempio nelle Marche si rileva il peggior rapporto tra iscrizioni di nuove imprese e chiusure (1 a 4): per questa regione, il rischio aperture zero è anticipato al 2031. Seguono, nella classifica negativa, Sicilia (una nuova apertura ogni 3,8 chiusure), Lazio (1 a 3,7), Sardegna (1 a 3,5) e Umbria (1 a 3,2).
A pesare sul comparto vi sono anche fattori demografici: l’invecchiamento progressivo della popolazione si riflette anche sul sistema imprenditoriale che invecchia (negli ultimi dieci anni sono sparite oltre 153mila attività di under35 in tutti i settori). L’altro ostacolo è rappresentato da un credito sempre più asfittico e da un mercato difficile, sia per la ripresa ‘lenta’ dei consumi delle famiglie sia per l’aumento della concorrenza, con un panorama crescentemente dominato da grandi gruppi e dai giganti dell’online.