(Teleborsa) – Il Dl Ambiente di recente approvato dal Consiglio dei ministri – si legge sull’agenzia di stampa Energia Oltre – ha cominciato ieri l’iter parlamentare di conversione in Commissione Ambiente al Senato prevedendo il termine per la presentazione di emendamenti ed ordini del giorno per lunedì 11 novembre alle ore 17.
COSA PREVEDE IN SINTESI IL DL AMBIENTE
Il Dl Ambiente prevede, tra le sue norme, l’abrogazione del PiTESAI, il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee. Ma ha anche il divieto al conferimento di permessi di ricerca e di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi sul territorio nazionale e a mare, ponendo alcune eccezioni al divieto e introducendo alcune proroghe.
Inoltre, il provvedimento interviene sul divieto di attività upstream in mare, riducendo da 12 a 9 miglia il perimetro costiero ed esterno alle aree marine e costiere protette entro il quale sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi. E sulla disciplina del c.d. “gas release”, meccanismo finalizzato ad incrementare la produzione nazionale di gas e la sua vendita a prezzi ragionevoli, prioritariamente, a clienti finali industriali a forte consumo di gas c.d. “gasivori”.
A completare le norme, il decreto del governo è intervenuto sulla normativa adottata all’indomani dello scoppio del conflitto russo ucraino per accelerare lo stoccaggio di gas, la quale ha assegnato al GSE il servizio di riempimento di ultima istanza tramite l’acquisto di gas naturale, ai fini dello stoccaggio e della successiva vendita, il cosiddetto “Gas release”.
Il Senato ha pubblicato un Dossier del Servizio Studi sul Dl ambiente e una nota di lettura nel quale si chiariscono nel dettaglio i contorni delle norme scritte dal governo.
ADDIO AL PITESAI. DAL 18 OTTOBRE PERMESSI DI RICERCA E DI CONCESSIONI DI COLTIVAZIONE DI IDROCARBURI LIQUIDI SUL TERRITORIO NAZIONALE E A MARE NON È CONSENTITO (MA NON SEMPRE)
Il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI) era stato “concepito dal legislatore del 2018 quale strumento volto ad offrire un quadro di riferimento delle aree idonee allo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale”. Tuttavia già nel 2021 era “stato annullato dal giudice amministrativo con sentenza del 12 febbraio 2024 n. 2872, TAR Lazio, Sez. II-ter” a fronte del quale relazione illustrativa “evidenzia come siano venuti meno i presupposti sulla base dei quali il MASE ha provveduto ad adottare circa 130 provvedimenti” che hanno portato all’intervento legislativo.
“Ai sensi del comma 2 dell’articolo in esame, a decorrere dal 18 ottobre 2024 (data di entrata in vigore del presente decreto legge), il conferimento di permessi di ricerca e di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi sul territorio nazionale e a mare non è consentito”, si legge sul dossier del Senato. “Il divieto non si applica nel caso di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi da conferire in relazione ad attività di ricerca svolte sulla base di permessi rilasciati prima del 18 ottobre 2024 (data di entrata in vigore del presente decreto), ancorché non concluse alla medesima data. Le attività di coltivazione di idrocarburi liquidi svolte sulla base di concessioni già conferite alla data del 18 ottobre 2024 (entrata in vigore del presente decreto) o da conferire in virtù di quanto sopra proseguono per la durata di vita utile del giacimento”.
La relazione illustrativa afferma che, con le norme di cui al comma 2, “si conferma il divieto previsto dal PiTESAI di rilascio di nuovi titoli minerari a olio sul territorio nazionale e a mare; tuttavia, si intende salvaguardare il legittimo affidamento degli operatori a cui sono stati già conferiti titoli “a olio o a olio misto a gas” (e gli investimenti dai medesimi compiuti)”.
LE POSSIBILI PROROGHE
Per il rilascio delle proroghe delle concessioni di coltivazione di idrocarburi consentite ai sensi della normativa vigente “l’amministrazione competente tiene conto anche delle riserve e del potenziale minerario ancora da produrre e dei tempi necessari per completare la produzione delle riserve medesime fino alla durata di vita utile del giacimento, nonché tiene in considerazione l’area in concessione effettivamente funzionale all’attività di produzione e di ricerca e sviluppo ancora da svolgere, con riperimetrazione delle aree non più funzionali in tal senso”, si legge nel dossier di Palazzo Madama che precisa, rifacendosi alla relazione illustrativa, come la riperimetrazione “è da concordare con gli operatori, ma tale previsione non è contenuta nel testo della norma”.
Il rilascio delle proroghe è consentito ma sulla base dell’articolo 29 della L. n. 613/1967, la quale “ha fissato in 30 anni la durata delle concessioni, ammettendone una proroga di 10 anni se il concessionario ha eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca e se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione”; e sulla base dell’articolo 13, comma 1, del D.lgs. n. 625/1996, “ai sensi del quale la durata della concessione di coltivazione in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale è di 20 anni e dopo quindici anni dal conferimento il concessionario, quando è necessario per completare lo slittamento del giacimento, ha diritto ad una proroga di 10 anni se ha eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca e se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione”; infine sulla base dell’articolo 9, comma 8, della L. n. 9/1991, “ai sensi del quale – al fine di completare lo sfruttamento del giacimento – decorsi i sette anni dal rilascio della proroga decennale, al concessionario possono essere concesse, oltre alla proroga prevista dal succitato articolo 29 della L. n. 613/1967, una o più proroghe di 5 anni ciascuna se ha eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca e se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione o dalle proroghe”.
RIDOTTO DA 12 A 9 MIGLIA IL PERIMETRO COSTIERO ENTRO IL QUALE SONO VIETATE LE LE ATTIVITÀ DI RICERCA, DI PROSPEZIONE NONCHÉ DI COLTIVAZIONE DI IDROCARBURI LIQUIDI E GASSOSI IN MARE
Il comma riduce da 12 a 9 miglia il perimetro costiero ed esterno alle aree marine e costiere protette entro il quale sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare. “Dunque, con tale modifica, le attività upstream in mare oltre il perimetro di 9 miglia dalla linea costiera e dalle aree marine e costiere protette, sono ora consentite. La relazione illustrativa afferma che tale modifica consente lo sblocco di diverse attività fino ad ora in “stand-by” o comunque non autorizzate, in un’ottica di potenziamento degli approvvigionamenti interni di gas naturale e di raggiungimento degli obiettivi di politica energetica in materia”, si legge nel testo del Senato.
IL GAS RELEASE
Il “gas release” è un meccanismo finalizzato ad incrementare la produzione nazionale di gas e la sua vendita a prezzi ragionevoli, prioritariamente, a clienti finali industriali a forte consumo di gas cd. “gasivori”. Il Gse (o le società da esso controllate) è il soggetto responsabile ad avviare, su direttiva del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, le procedure per l’approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale a prezzi ragionevoli, mediante invito rivolto ai soggetti, titolari di concessioni di coltivazione, legittimati a partecipare. Tra i soggetti legittimati ci sono “i titolari di concessioni di coltivazione esistenti, anche se improduttive o in sospensione volontaria, i cui impianti di coltivazione di gas naturale sono collocati, totalmente o parzialmente, in aree considerate compatibili dal Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), considerando, anche ai fini dell’attività di ricerca e di sviluppo con nuove infrastrutture minerarie, i soli vincoli classificati come assoluti dal Piano e già costituiti, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e degli accordi internazionali”, spiega il documento di Palazzo Madama.
CHI PUÒ PARTECIPARE ALLA PROCEDURA
A partecipare alle procedure – in deroga al divieto delle attività upstream nell’alto Adriatico e nelle aree costiere e nelle marine protette – “le concessioni di coltivazione di idrocarburi esistenti o nuove, per la durata di vita utile del giacimento, insistenti nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo Nord e il parallelo distante da quest’ultimo 40 chilometri a sud, a una distanza dalle linee di costa di almeno 9 miglia. Si deve trattare di concessioni il cui potenziale minerario di gas possa garantire una riserva certa superiore a 500 milioni di metri cubi, i cui titolari aderiscano alle procedure per l’approvvigionamento di lungo termine, ed è stata richiesta una previa verifica preventiva dell’assenza di effetti di subsidenza”, ricorda il dossier specificando che l’ambito entro il quale le concessioni di coltivazione sono consentite in deroga al divieto delle attività upstream nell’Alto Adriatico e nelle aree marine protette consentono ora, “ai soli fini della partecipazione alle procedure per l’approvvigionamento di lungo termine, il rilascio di concessioni di coltivazione – sulla base di istanze già presentate alla data del 18 ottobre 2024 (entrata in vigore del decreto legge) – nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po e il parallelo distante da quest’ultimo 15 chilometri a sud. Rimane confermata la distanza di almeno 9 miglia marittime dalle linee di costa, la durata delle concessioni per la vita utile del giacimento e la necessità che i relativi giacimenti abbiano un potenziale minerario di gas con riserva certa superiore a 500 milioni di metri cubi”.
UNA SOLA CONCESSIONE RIENTRA NEL NUOVO AMBITO DI APPLICAZIONE
La relazione illustrativa afferma che è una sola l’istanza già presentata e che rientrerebbe nell’ambito di applicazione del nuovo comma 3 e precisa, al riguardo, che il procedimento di conferimento attivato a seguito di tale istanza “si trova in una fase molto avanzata e risultano inoltre accertate riserve superiori a 500 milioni di metri cubi. Pertanto, solo per le finalità del gas release, detta concessione potrà operare in deroga ai divieti insistenti nella zona, con la precisazione che le relative attività di coltivazione non potranno che svolgersi nel tratto di mare che dista almeno 9 miglia marittime dalle linee di costa”.
PRODUZIONE GAS IN NETTO CALO NEGLI ULTIMI 20 ANNI
“La produzione nazionale di gas naturale, nell’ultimo ventennio, si è ridotta da circa 15 miliardi di metri cubi nel 2001 a circa 2,8 miliardi nel 2023. Ciò è avvenuto sia per il calo naturale dei giacimenti in sfruttamento, sia per l’assenza di investimenti in nuove ricerche e produzione (dati MASE, cfr. anche informativa alla Camera del 22 marzo 2022, del Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani). Pertanto, il Paese è divenuto quasi completamente dipendente dalle importazioni. Secondo il PNIEC 2024, la domanda nazionale di gas – pari nel 2023 a circa 62 miliardi di metri cubi (-10% rispetto all’anno precedente) – è stata coperta per il 5% dalla produzione nazionale e per il rimanente 95% dall’importazione”, si legge nel dossier del Senato.
IL RIMBORSO DELLE SOMME PER IL SERVIZIO DI RIEMPIMENTO DI ULTIMA ISTANZA SLITTA AL 10 DICEMBRE 2025
“Il comma 6 interviene sull’articolo 5-bis del D.L. n. 50/2022, che, all’indomani dello scoppio del conflitto russo ucraino, per accelerare lo stoccaggio di gas naturale, ha assegnato al GSE il servizio di riempimento di ultima istanza tramite l’acquisto di gas naturale, ai fini dello stoccaggio e della successiva vendita, nei limiti di un controvalore di 4 miliardi di euro”, si legge nel dossier del Senato.
Secondo quanto risulta da ARERA (deliberazione n. 442/2022 del 23 settembre 2022), il 19 settembre 2022 il GSE aveva già sostanzialmente esaurito le risorse messe a propria disposizione per il servizio di riempimento di ultima istanza ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 80/22. La società ha, in particolare, provveduto all’acquisto e allo stoccaggio di volumi di gas naturale pari a 1.637 mln Smc per un controvalore di 3.995 milioni di euro (a fronte del limite di controvalore pari a 4.000 milioni previsto dalla medesima norma) e un costo medio unitario di acquisto pari a 223,5 €/MWh.
“Il termine entro il quale procedere alla vendita, originariamente fissato, dall’articolo 5-bis, comma 1, al 31 dicembre 2022, è stato più volte prorogato, da ultimo, al 15 ottobre 2024, dal D.L. n. 145/2023 (articolo 8, comma 1, lett. a)). La lettera a) del comma 6, qui in commento, differisce tale termine al 31 ottobre 2025. Contestualmente, la lettera b) del comma 6 dilaziona il rimborso del prestito infruttifero statale riconosciuto al GSE dall’articolo 5-bis, comma 4, per l’acquisto del gas per il servizio di riempimento di ultima istanza. La lettera b), in particolare, interviene sul citato comma 4 – che fissa al 10 dicembre 2024 il termine entro cui il GSE è tenuto a rimborsare il prestito infruttifero – disponendo che, entro tale data, sia rimborsato l’importo di 1 miliardo di euro, e che entro il 10 dicembre 2025 sia rimborsato l’importo rimanente”, si legge ancora.
POSTICIPO DETTATO DA UNA POSSIBILE VALORIZZAZIONE DEL GAS NEL 2025 PER VIA DELLE TENSIONI GEOPOLITICHE
La relazione illustrativa afferma che il posticipo al 10 dicembre 2025 del termine ultimo della vendita “è nel solco di una valorizzazione della vendita del gas stoccato da parte del GSE, potendosi disporre di un periodo che va oltre l’anno termico di stoccaggio (fino al 31 ottobre 2025). L’andamento attuale delle quotazioni forward dei prodotti PSV di medio termine (CAL-25 e CAL-26) indica uno scenario di limitata volatilità dei prezzi dovuto anche a un livello ottimale di riempimento degli stoccaggi. Tuttavia, un possibile aumento delle tensioni geopolitiche nel corso del 2025 e un eventuale irrigidimento delle temperature invernali nei prossimi anni termici, potrebbero portare a un incremento dei prezzi del gas. Il posticipo dei termini previsti per la vendita della giacenza GSE potrebbe quindi permettere la valorizzazione del gas acquistato per il servizio di stoccaggio di ultima istanza in occasione del verificarsi di eventuali tensioni sui mercati”, rammenta l’analisi dei tecnici di Palazzo Madama.
“La relazione, ipotizzando uno scenario di vendita del 100% del gas in giacenza e utilizzando l’ultima quotazione disponibile (2 settembre 2024) del prezzo forward relativo al Q1-25, 1° trimestre 2025, (ca. 43 €/MWh) al quale è stato applicato un liquidity factor del 95%, ne deriva una potenziale perdita pari a euro 2.228 milioni che, sommata alla perdita già realizzata al 31 marzo 2023 di euro 893 milioni, restituisce una previsione di fabbisogno finanziario per la restituzione del prestito al MEF pari a circa 3,12 miliardi di euro. Alla luce di quanto sopra, il comma 5 dell’articolo qui in esame, posticipa il termine ultimo della vendita al fine di garantire la massima flessibilità nel gestire il gas stoccato dal GSE per il nuovo anno termico. Tale orientamento è in linea – si rileva – con il target nazionale stabilito dalla Commissione europea per il riempimento degli stoccaggi, a partire dalla stagione di stoccaggio 2023-2024, pari al 90%, funzionale ad attenuare eventuali fenomeni rialzisti dei prezzi associati a fenomeni geopolitici”, conclude l’analisi del Senato.