(Teleborsa) – Con 227.975 imprese e 1.040.172 di occupati, l’economia del mare in Italia genera un valore aggiunto diretto pari a 64,6 miliardi di euro, che, considerando anche “il valore attivato” nel resto dell’economia, raggiunge i 178,3 miliardi di euro, pari al 10,2% del PIL nazionale.
E’ quanto emerge dal XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare a cura di Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network, presentato questa mattina a Roma, come riferisce un comunicato presso la Sala Longhi di Unioncamere alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci. Un settore in netta crescita in ogni suo aspetto, dice lo studio, punto di riferimento nazionale ed europeo nella definizione del valore della Blue Economy italiana, che – come ogni anno – ha messo sotto la lente di ingrandimento i diversi settori che compongono la forza produttiva “blu”: le filiere dell’ittica e della cantieristica, i servizi di alloggio e ristorazione, le attività sportive e ricreative, l’industria delle estrazioni marine, la movimentazione di merci e passeggeri, la ricerca, regolamentazione e tutela ambiente.
Cresce il valore aggiunto diretto con un +15,1%, pari a due volte la crescita media italiana si ferma al 6,9%. Cresce il valore aggiunto complessivo di quasi un punto percentuale rispetto a quanto rilevato dall’XI Rapporto del 2023.Cresce il moltiplicatore, pari quest’anno a 1,8, a fronte dell’1,7% della scorsa rilevazione. Ossia per ogni euro speso nei settori direttamente afferenti alla filiera mare se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia. Segno più anche per gli addetti, con un aumento occupazionale del 6,6%, pari a quasi quattro volte quello registrato nel Paese (1,7%).
Stabile, invece, il numero delle imprese.