(Teleborsa) – È appena terminato a Palazzo Chigi, presso la Sala Verde della Presidenza del Consiglio, il tavolo di confronto Governo- sindacati sulla crisi dell’ex-Ilva di Taranto durato otre due ore. Alla riunione, presieduta dal Sottosegretario Alfredo Mantovano, hanno preso parte per il Governo il Ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone e il Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Presnete anche il consigliere per le relazioni con le parti sociali, Stefano Caldoro.
Presenti i soggetti finanziari coinvolti, Invitalia e, in rappresentanza di Acciaierie d’Italia, i tre commissari Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli.
Per i sindacati presenti i rappresentanti di Fiom Cgil Michele de Palma, Fim-Cisl Ferdinando Uliano, Uilm-Uil Rocco Palombella, Usb Francesco Rizzo, Ugl Metalmeccanici Daniele Francescangeli e Federmanager Gherardo Zei.
“Inutile sottolineare quanto sia particolarmente drammatico il momento in cui cade questo accordo, uno dei più difficili, se non il più difficile in assoluto, da quando abbiamo iniziato a vederci”, ha esordito il Sottosegretario Alfredo Mantovano, prendendo la parola. “Non ricordo e – credo – nessuno a questo tavolo ricordi momenti facili. Il percorso – ha proseguito – è stato particolarmente complicato, all’inizio, per la necessità di fare i conti con un socio privato che, certamente, non aveva scelto nessuno di noi, ma che ci ha lasciato un’eredità pesante che stiamo provando a gestire, soprattutto in materia di sicurezza degli impianti”.
Mantovano ha ricordato che, dopo l’estromissione del socio privato, la realtà ha “riservato e riserva continue sorprese”, come possono confermare le condizioni dell’altoforno 2 svelate dai tre commissari.
Il sottosegretario ha ricordato “l’avvio delle interlocuzioni con chi può subentrare come socio”, con dei punti fermi: “garantire l’acciaio, garantire il più possibile l’occupazione ed il mantenimento dell’indotto e, prima di tutto questo, la sicurezza delle condizioni di lavoro”.
“Ci assumiamo fino in fondo la responsabilità di governare questa crisi”, ha ribadito Mantovano, spiegando “la prendiamo come se fosse stata una calamità naturale, anche se calamità naturale non è”. Di qui la necessità di gestire due fasi;: emergenza e ricostruzione.
“Quello che credo di poter dire senza alcuna retorica è di non considerarci parti contrapposte, anche se siamo seduti a questo tavolo, che idealmente ha una forma rotonda”, ha sottolineato il sottosegretario, aggiungendo “le vostre preoccupazioni sono certamente le nostre e quello che ci anima è la non rassegnazione. Siamo preoccupati ma non rassegnati. Non rifugiamo le responsabilità. Ce le accogliamo, anche se non dipendono dalle nostre scelte”.
“Dobbiamo individuare delle vie d’uscita, confidando che anche gli altri soggetti di questa partita abbiano un senso di responsabilità. Confido nel fatto che se ognuno faccia la sua parte fino in fondo”, ha affermato mantovano, concludendo “la situazione non è ancora definitivamente compromessa, però questo deve avvenire da parte di tutti e, certamente, il passaggio dal tavolo di oggi è un passaggio importante per condividere come affrontare l’emergenza ed anche la prospettiva, con le mille incertezze e le mille variabili che sono in corso”.
“La situazione è molto grave: dalle informazioni che abbiamo si rischia il raddoppio della cassa integrazione visto che a Taranto è rimasto un solo altoforno funzionante”, ha affermato prima dell’incontro Armando Palombo, rsu e delegato Fiom dello stabilimento Acciaierie d’Italia di Genova, aggiungendo “solo su Genova ipotizzare un numero di 400 lavoratori in cassa integrazione anziché 190 sarebbe un disastro e non possiamo rimanere in silenzio”.
“Noi siamo qui per evitare il fallimento degli accordi che sono stati sottoscritti, garantire l’occupazione e gli investimenti che servono per andare avanti, salvaguardare la salute, la sicurezza, l’ambiente e la produzione di acciaio nel nostro Paese”, ha convenuto il segretario generale della Fiom, Michele De Palma, arrivando al tavolo a Palazzo Chigi.
Per il segretario generale della Uilm Rocco Palombella, “il clima che si è creato è un clima infuocato” e si punta ad avere “risposte che tranquillizzano migliaia e migliaia di lavoratori che sono in attesa di conoscere quale è il loro destino”.
“Ci aspettiamo una serie di chiarimenti, perché il piano di ripartenza ipotizzato dai commissari con la fermata dell’altoforno 1 di fatto non c’è, spiega il segretario generale della Fim, Ferdinando Uliano, aggiungendo “per noi diventa fondamentale comprendere come si va avanti perché mancano risorse finanziarie per dare continuità all’attività lavorativa”.
Sasha Colautti, componente dell’esecutivo nazionale dell’Usb, teme che con Baku Steel si corra il “rischio di una trattativa al ribasso”. “Siamo in una condizione in cui gli impianti si stanno sempre più compromettendo, c’è un ricorso ormai spregiudicato alla cassa integrazione e diremo forte e chiaro che per noi la soluzione e’ una: la nazionalizzazione di Acciaierie di Italia”.