(Teleborsa) – I dati positivi che arrivano dall’economia americana e il raffreddamento dell’inflazione hanno consolidato le aspettative degli operatori su un nuovo taglio questa sera dei tassi da parte della Federal Reserve al termine della riunione di due giorni del Federal Open Market Committee (FOMC). Si tratterebbe del secondo taglio in un anno dopo quello di mezzo punto deciso a settembre. Anche un sondaggio di Reuters condotto alla fine di ottobre con 111 economisti ha rilevato che la totalità degli intervistati è convinto che ci sarà un taglio di 25 punti, con la stragrande maggioranza (più del 90%) ha previsto una riduzione simile anche a dicembre in modo da portare il tasso dei fondi federali in un intervallo del 4,25%-4,50% entro la fine dell’anno.
Aspettative ancora più concrete dopo la decisione della Banca d’Inghilterra di ridurre il tasso di interesse di 0,25 punti percentuali, al 4,75%, in linea con le attese degli analisti. “Si è registrato un continuo progresso nella disinflazione, in particolare con l’attenuarsi dei precedenti shock esterni, sebbene le pressioni inflazionistiche interne rimanenti si stiano risolvendo più lentamente”, ha spiegato nello statement Monetary Policy Committee dopo la votazione che ha visto prevalere 8 a 1 i favorevoli al taglio.
“La decisione dovrebbe riflettere la diminuzione delle preoccupazioni sull’inflazione e l’aumento dei timori sul mercato del lavoro – ha spiegato Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia –. La lettura dell’inflazione di settembre del 2,4% suggerisce che l’aggressivo ciclo di restringimento e l’atteggiamento restrittivo della Fed è stato efficace. Per alcuni anche troppo visto che il mercato del lavoro nel mese di ottobre ha mostrato un dato molto debole nella creazione di posti di lavoro: +12mila, il valore più basso da dicembre 2020″. Diodovich ha quindi sottolineato che l’attenzione degli addetti ai lavori si concentrerà sul comunicato e sulle parole di Powell per capire quale sarà il sentiero dei tagli dei tassi di interesse anche nei prossimi mesi.
Almeno per il momento sembra esclusa la possibilità che l’esito delle elezioni americane, con la vittoria di Donald Trump, possa influenzare la decisione di questa sera. Nel lungo periodo però la situazione potrebbe cambiare, soprattutto se i repubblicani mantenessero le promesse su una politica fiscale ultra-espansiva e una politica commerciale protezionistica con l’introduzione di nuovi dazi. “Tali misure dovrebbero alimentare nuovamente le pressioni inflazionistiche complicando il lavoro della FED che potrebbe essere meno colomba rispetto a quello che prevede il mercato”, ha sottolineato l’analista, aggiungendo che non si può escludere che Trump torni a fare pressione sulla FED per tenere i tassi molto bassi, come avvenuto durante la prima presidenza.
Christian Scherrmann, DWS Chief U.S. Economist, ha però messo in evidenza che, a prescindere dall’atteso taglio di oggi, le incertezze resteranno. “I banchieri centrali devono ancora “navigare a vista” per far atterrare l’economia, e ci aspettiamo che la dipendenza dai dati sarà ancora il messaggio centrale della conferenza stampa, probabilmente con un tono leggermente “hawkish” (aggressivo)”. “Tuttavia – ha comunque spiegato Scherrmann –, con i tassi di politica monetaria attuali ancora ben al di sopra di ciò che può essere considerato neutrale, la Fed ha sicuramente un certo margine di manovra per le riunioni di novembre e dicembre”.
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