(Teleborsa) – Il tempo stringe in Francia. Mentre il Paese, in un contesto di latenza politica, in attesa della nomina di un nuovo capo del governo, si trova a fare i conti con la manovra finanziaria 2025 che va depositata in Parlamento al più tardi il primo ottobre, il ministero delle Finanze ha appena annunciato una nuova deriva del deficit, stimato al 5,6% del Pil per il 2024, in assenza di nuovi risparmi. In una lettera inviata lunedì 2 settembre ai relatori generali e ai presidenti delle commissioni Finanze delle due Camere, il ministro dimissionario delle Finanze, Bruno Le Maire, e il delegato ai Conti pubblici, Thomas Cazenave, hanno espresso preoccupazione per l'”la crescita estremamente rapida della spesa degli enti locali”. Un aumento che da solo potrebbe generare una “deriva” del deficit pubblico dell’ordine di “16 miliardi di euro”. Nella lettera Le Maire e Cazenave fanno riferimento al piano deficit inviato a Bruxelles in primavera mettendo in guardia i parlamentari sull’impossibilità per la Francia di rispettare gli obiettivi di bilancio 2024 e 2025.
Secondo le stime contenute in una nota del Tesoro allegata alla lettera, senza misure di recupero, il deficit pubblico rischia di balzare al 5,6% del PIL nel 2024, lontano dal 5,1% inizialmente previsto, fino a raggiungere il 6,2% en 2025: ben oltre il 4,1% fissato per il prossimo anno dal patto di stabilità dello scorso aprile. Per centrare gli obiettivi concordati, il ministero dell’Economia ha fatto sapere di aver messo il bilancio “in salvezza” congelando spese per per 16,5 miliardi.
Sulla base di una tabella riepilogativa dei bilanci previsti in questa fase per ciascun ministero, – si legge sul sito di Lcp-Assemblée nationale – il presidente della Commissione Finanze Éric Coquerel (France Insoumise) ha elaborato la legge finanziaria per il 2025 prevista dal governo dimissionario con “una riduzione di 15 miliardi di euro rispetto alla legge finanziaria adottata nel 2024”. “Solo i bilanci dedicati alla difesa e alla sicurezza aumenteranno più velocemente dell’inflazione” evidenzia Coquerel. Tra le politiche più colpite figurano “l’aiuto pubblico allo sviluppo (-18% senza tenere conto dell’inflazione), lo sport (-11%), l’agricoltura (- 6%), Oltremare (-4%), ecologia (-1%) e sanità (-0,8%)”. Anche il lavoro (+1%) e l’istruzione nazionale (+0,5%) – secondo Coquerel – risentiranno del calo delle risorse.