(Teleborsa) – Le restrizioni al credito aumentano il rischio di infiltrazione mafiosa nelle imprese, che in molti casi si trovano a non poter rifiutare un prestito proveniente da fonte illecita, che le trasforma in aziende “zombie”. E’ quanto emerge da uno studio della Uif – Unità di Informazione Finanziaria istituita presso la Banca d’Italia ed impegnata nella lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo.
Lo studio intitolato “Un prestito che non puoi rifiutare: razionamento del credito e infiltrazione della criminalità organizzata” mette in evidenza che “un declassamento a una situazione di rischio insolvenza riduce la disponibilità di credito di oltre il 30% in cinque anni e incrementa la probabilità di infiltrazione del 5% (nel comparto immobiliare del 10%). Le imprese infiltrate mostrano tassi di sopravvivenza più elevati rispetto alle altre imprese con declassamento creditizio, suggerendo che la criminalità possa fungere da fonte alternativa di finanziamento per le aziende in difficoltà”.
I risultati dello studio – si sottolinea – “hanno diverse implicazioni: in particolare, durante i periodi di crisi economica, diviene essenziale garantire l’accesso al credito alle imprese sane ma vulnerabili, per evitare che diventino bersaglio della criminalità organizzata”.
L’analisi utilizza i dati della mappatura sperimentale delle imprese operanti in Italia potenzialmente connesse a contesti di criminalità organizzata. Il fattore decisivo al centro dell’analisi è il declassamento del merito creditizio, ovvero la transizione di un’impresa da uno stato di vulnerabilità finanziaria a una situazione di rischio insolvenza, misurata dal rating CERVED.
La dinamica osservata suggerisce che il credito legale venga sostituito con capitale di provenienza criminale: quando le banche fanno venir meno il loro sostegno finanziario alle imprese, le organizzazioni mafiose possono intervenire offrendo la liquidità necessaria. Coerentemente con questa interpretazione lo studio mostra che le imprese infiltrate riescono a sopravvivere più a lungo rispetto ad altre imprese in difficoltà non infiltrate, pur registrando simili cali del fatturato, del livello di occupazione e della redditività. Le imprese infiltrate diventano così aziende cosiddette “zombie”, che non sarebbero competitive in un mercato sano, ma che restano attive grazie a capitali illeciti.
(Foto: kalhh da Pixabay)
