(Teleborsa) – Gli andamenti delle borse degli ultimi giorni e la perdita che ha caratterizzato diversi titoli tecnologici hanno risvegliato in molti i ricordi del crollo delle dot.com del 2000, ma ha senso parlare di bolla per l’intellgenza artificiale?
L’evoluzione tecnologico è sempre stata accompagnata da fasi di euforia che hanno portato ad investimenti massicci, seguiti da inevitabili correzioni e, talvolta, da crolli spettacolari. Alcuni degli esempi più importanti in questo senso sono stati i videogiochi, con due ondate negli anni ‘80 ed all’inizio del 2000, le dot.com sempre all’inizio del nuovo secolo, fino ad arrivare alla “bolla” legata al Metaverso. Questo trend, osservando gli andamenti delle borse mondiali, sembra si stia ripetendo con l’attuale esplosione dell’intelligenza artificiale. Ma è davvero corretto parlare di Bolla?
Se osserviamo in particolare la bolla delle dot.com, quando l’entusiasmo per le nuove tecnologie in concomitanza con l’inizio del nuovo millennio ha generato aspettative irrealistiche e investimenti sconsiderati, causando in molti casi notevoli perdite economiche, possiamo notare che anche se le vittime “illustri” sono state numerose, il periodo ha anche generato i “colossi” tecnologici protagonisti dell’economia mondiale. Il periodo di euforia dell’epoca ha infatti creato le condizioni per proliferare per aziende come Amazon, Google o Ebay, mentre altre Aziende come Yahoo, Lycos o Netscape sono state assorbite o praticamente annientate.
L’intelligenza artificiale si presenta oggi come la nuova frontiera dell’innovazione tecnologica, nello stesso modo in cui le prime aziende native Online si presentavano come il futuro dell’economia. L’entusiasmo generato da strumenti come ChatGPT, Gemini o Claude è palpabile e gli investimenti in questo settore sono in costante crescita. Come in tutti i momenti caratterizzati da novità ed euforia però è lecito aspettarsi che non tutti i tentativi di cavalcare una “nuova onda” abbiano successo.
Quindi siamo davanti al rischio di una bolla simile a quella delle dot.com? Molto probabilmente no, anche se un ridimensionamento del mercato in un prossimo futuro dovrebbe essere fisiologico. La differenza più grossa rispetto ai periodi di euforia tecnologica è data dagli attori che si muovono all’interno di questa ondata. Se nei primi anni 2000 era una novità trovarsi davanti ad aziende in grado di moltiplicare il proprio valore nel giro di poche settimane, in questo caso sono le stesse aziende che erano cresciute all’epoca a spingere questa nuova ondata. Se da un lato quindi è lecito aspettarsi delle sorprese da aziende emergenti (Claude, il modello AI di Anthropic ne è un esempio lampante), dall’altro siamo comunque davanti ad un panorama controllato da colossi come Microsoft, Alphabet (Google) e Meta (Facebook), che si troveranno fisiologicamente a stabilizzare questo settore, soprattutto considerati i costi di ingresso per competere in questo mercato. Se l’aspetto caratterizzato della bolla delle dot.com era infatti l’idea che chiunque potesse fare impresa con un buon dominio e un sito web, in questo caso le spese e le tempistiche per sviluppare un foundation model (il “cervello software” che anima una AI) sono impensabili per la maggior parte delle aziende, portando quindi gli investimenti verso la personalizzazione di foundation model esistenti. Nonostante gli assestamenti degli ultimi mesi, il mercato delle AI è cresciuto nel 52% contro il 37% previsto, con un dominio netto, pari al 90%, delle grandi aziende (fonte:Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano).
L’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità straordinaria per i mercati e per il progresso tecnologico. Tuttavia, è fondamentale affrontare questa nuova frontiera con cautela e realismo. Imparando dai successi, dagli errori e dagli spaventi del passato, stiamo andando verso un futuro in cui l’innovazione tecnologica diventerà sempre di più un asset costante, e non un’opportunità di speculazione.