(Teleborsa) – Cinque italiani su 10 hanno figli conviventi; tra quelli maggiorenni, quasi la metà sono totalmente a carico dei genitori. Mediamente, i figli assorbono un terzo della spesa media mensile familiare, soprattutto per abbigliamento e calzature, libri scolastici, attività sportiva e pasti fuori casa. Ma per un terzo delle famiglie la spesa per i figli rappresenta tra il 40% e il 70% del bilancio familiare. Per sostenere queste spese, 6 genitori su 10 si vedono costretti a rinunciare ad acquisti per sé stessi, ad andare al ristorante e a ridurre le vacanze; mentre 3 su 10 hanno dovuto imporre rinunce ai figli per gli acquisti di abbigliamento, di un nuovo smartphone e per le uscite con gli amici.
Sono le principali evidenze che emergono dal Report FragilItalia “Il costo dei figli”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un’analisi condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana per testarne le opinioni relative al tema.
Come detto, la metà (il 48%) degli intervistati dichiara di avere figli conviventi. Nel caso di figli maggiorenni (il 19% ne ha tra i 19 e i 25 anni; il 23% oltre i 25 anni), quasi la metà (il 47%) sono totalmente a carico dei genitori, mentre il 29% lavora contribuendo alle spese della famiglia. Da sottolineare che il 24% dei figli maggiorenni, pur lavorando e non gravando sul bilancio familiare, continua a vivere con la famiglia, segnale evidente della persistente difficoltà dei giovani di poter affrontare il costo di una locazione o di un acquisto di un’abitazione autonoma.
“In questo paese il tema ‘famiglia’ è molto sensibile” – afferma Simone Gamberini, presidente di Legacoop– “ma lo si affronta spesso dal punto di vista etico e morale, dei legittimi diritti, oppure suggerendo o persino prescrivendo come dovrebbero essere le famiglie. Abbiamo deciso di osservarle da un punto di vista che potrebbe sembrare un po’ disincantato, ma in realtà evidenzia il ruolo della famiglia come struttura cruciale della nostra società, quello del suo costo. Invecchiamento, trend demografici negativi, disfunzionalità del mercato del lavoro, mancata inclusione delle donne nei processi economici per ragioni dirette e indirette, costo del welfare, diseguaglianze sociali e territoriali: tutti questi temi e altri ancora, in fondo, dipendono dai costi del fare e mantenere una famiglia. Quindi, se vogliamo trovare soluzioni a molti dei problemi di questo paese, dobbiamo in fondo affrontare anche questo argomento in modo meno astratto, e realizzare politiche per le famiglie che permettano di risolvere i problemi reali delle persone, consentendo loro di essere più libere e felici. La cooperazione c’è e vuole fare fino in fondo la sua parte nell’offrire risposte reali ed efficaci”.
La spesa destinata ai figli rappresenta, in media, il 34% della spesa media mensile familiare; più in dettaglio, il 51% delle famiglie destina ai figli tra il 21% e il 40% della spesa; il 32% tra il 40% e il 70%; il 17% tra il 10% e il 20%. In testa alla classifica delle voci che più incidono ci sono l’abbigliamento (63%), i testi e libri scolastici (51%), scarpe, borse e accessori e attività sportiva (48%), i pasti fuori casa (46%), seguite dal materiale scolastico, le spese mediche, lo svago e la mobilità (tutti al 45%). Quattro su dieci (il 41%) indicano le spese per rette scolastiche, universitarie e asilo. Le spese per i figli pesano, soprattutto, sul bilancio familiare dei genitori under 30, per i quali le prime tre voci indicate raggiungono, rispettivamente, valori del 73%, 62% e 54%; dei residenti nelle isole (70% e 59% per le posizioni 2 e 3); delle famiglie del ceto popolare (69% e 60%).
Non infrequenti i casi di rinunce fatte dalle famiglie per affrontare le spese necessarie per i figli. Il 66% dei genitori ha rinunciato ad acquistare qualcosa per loro stessi (il 31% spesso, il 34% qualche volta); il 60% ha rinunciato ad andare al ristorante (26% spesso, 34% qualche volta) ed ha ridotto il periodo di vacanza (25% e 35%); il 58% all’acquisto di un’auto nuova. Il 51% (spesso il 19%, occasionalmente il 32%) ha dovuto tagliare sulla spesa alimentare scegliendo prodotti in offerta; il 39% ha dovuto rinunciare ad una visita medica privata o l’ha dovuta rinviare. Le rinunce hanno pesato maggiormente sui genitori under 50 (per i quali le prime tre voci raggiungono valori del 76%, 70% e 65%), su quelli residenti nelle isole (78% le prime due voci, 65% la terza) e su quelli del ceto popolare (84% la prima voce, 82% la seconda e la terza).
Ma spesso sono anche i figli a dover sottostare a delle rinunce quando, per motivi economici, le famiglie si vedono costrette a tagliare le spese. In particolare, il 37% ha dovuto rinunciare a spese per abbigliamento e scarpe e allo smartphone nuovo, il 30% alle uscite con gli amici, il 25% ad un viaggio studio all’estero, il 23% ad iscriversi al corso di studio che desiderava.
I figli che si vedono imposte maggiori rinunce per motivi economici sono quelli dei genitori under 30, di quelli residenti nelle isole (dove la rinuncia allo smartphone raggiunge il 50%, ai viaggi di studi all’estero il 37% e all’iscrizione al corso di studi desiderato il 33%) e di quelli al ceto popolare.