(Teleborsa) – Pensioni, alleggerimento delle tasse, misure a sostegno di chi assume e crea lavoro, rimodulazione dei fringe benefit. Il cantiere della manovra d’autunno è ufficialmente aperto ma i desiderata della maggioranza si scontrano con il problema coperture. “Noi avevamo poche risorse, le abbiamo concentrate su poche cose veramente importanti. Basta con i bonus a pioggia, basta con i soldi gettati dalla finestra – ha detto la premier Giorgia Meloni, ospite di “4 di Sera”, su Rete4 –. Per noi era importante aiutare le imprese che assumevano, aiutare le imprese che assumono, aiutare i salari dei laboratori, i redditi delle famiglie, la salute dei cittadini. Queste sono state le nostre priorità, queste sono state le questioni sulle quali abbiamo messo i soldi, anche in tema di taglio delle tasse, e queste sono le materie sulle quali anche in questa legge di bilancio noi metteremo le nostre risorse. Quanto e come dipenderà dalle risorse che abbiamo a disposizione”.
Ad oggi sembra confermato l’ingresso in manovra delle pensioni minime, uno dei temi più cari a Forza Italia. “Le pensioni minime sono una delle nostre priorità” ha assicurato la presidente del Consiglio, ricordando che in due anni il governo ha lavorato “per una rivalutazione piena di tutte le pensioni che arrivavano fino a 2.270 euro, garantendo che fossero adeguate pienamente al costo della vita” e ha anche garantito “una rivalutazione al 120% per le pensioni minime, che sono cresciute in modo significativo”.
Il lavoro dei tecnici prosegue senza sosta sulle simulazioni che serviranno al Mef per mettere nero su bianco le misure della prossima manovra. Meloni vuole concentrare tutte le risorse disponibili “nel sostegno alle imprese che assumono e per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie e dei lavoratori”. Taglio del cuneo e Irpef a tre aliquote sono già garantite. Se si riusciranno a tagliare le aliquote anche al ceto medio dipende da come andrà il concordato preventivo biennale. Sembra sicura l’estensione alle autonome dello sgravio per le lavoratrici madri. Sul tavolo anche la conferma della maxi-deduzione al 120% (maggiorata al 130% per giovani, donne, e beneficiari del Reddito) per le aziende che assumono a tempo indeterminato, in scadenza a fine anno. Sul fronte fringe benefit il governo lavora all’ipotesi di un tetto unico per tutti a 1.500-2mila euro. L’ultima legge di bilancio ha portato la soglia di esenzione dei fringe benefit a 2mila euro per i lavoratori con figli a carico e a mille euro per tutti gli altri (aprendo alla possibilità di usarli anche per pagare l’affitto o il mutuo prima casa) e la maggioranza punterebbe, visto il buon andamento di questa premialità, a confermare la misura nella prossima manovra.
Per definire quello che entrerà davvero nella legge di bilancio per il 2025, si attende, tuttavia, di avere un quadro più certo sulle risorse a disposizione. “L’impatto della manovra sarà di 25 miliardi come quella di un anno fa – ha detto Federico Freni, sottosegretario all’Economia, a 24 Mattino su Radio 24 a proposito della cubatura della manovra finanziaria del 2025 –. Prima della manovra però, sarà licenziato il piano strutturale di bilancio che deve passare dall’approvazione del Consiglio dei Ministri e soprattutto dall’approvazione del Parlamento con un procedimento simile a quello della Nadef e del Def, sarà esaminato e con il sistema delle mozioni, auspicabilmente, sarà approvato”.
Qualche elemento in più si avrà quando il Mef avrà chiuso il lavoro sul Piano strutturale di bilancio (Psb), il nuovo documento che prenderà il posto della Nadef e definirà la cornice finanziaria della manovra. Oltre agli obiettivi programmatici pluriennali per mantenere la traiettoria di spesa netta, che per 5 anni non potranno essere rivisti se non in casi particolari, come un nuovo governo o circostanze eccezionali. Il nuovo documento va inviato a Bruxelles entro il 20 settembre e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti vuole portarlo in cdm entro metà settembre, permettendo così al Parlamento di avere il tempo per esaminarlo.
La sfida maggiore sarà definire gli obiettivi su un orizzonte di 5 anni, anziché i 3 come dei documenti di finanza pubblica previsti dalla normativa vigente. Oltre alla condizione di indicare una serie di riforme e investimenti, per poter estendere a 7 anni il rientro dal deficit eccessivo. In questa nuova cornice potrebbe subire qualche ritocco il piano di privatizzazioni. Già in primavera il Def aveva ridimensionato l’obiettivo iniziale di arrivare all’1% del Pil, portando il target complessivo del triennio 2024-26 allo 0,7% (circa 14 miliardi).
Al momento il bottino è a quota 3 miliardi, ma non si escludono nuove mosse. Nel mirino ci sono Mps, Fs, Enav, Eni, ma anche una liberalizzazione dei porti. Mentre si fa più fumosa la partita di Poste: l’iter avviato a gennaio prevedeva che lo Stato non sarebbe sceso sotto il 35%; a fine maggio il cambio di rotta, mai sotto 51%, con l’effetto di ridurre il potenziale incasso a circa 2 miliardi. Il Dpcm però non è ancora stato modificato e una soluzione non sembrerebbe all’orizzonte.