(Teleborsa) – Nel 2023 gli NPE raggiungono 53 miliardi di euro, valore in costante diminuzione dal picco di 341 miliardi di euro del 2015. L’afflusso di nuove NPE nel 2023 ha raggiunto 13 miliardi di euro, stabilizzandosi rispetto al valore minimo di 12 miliardi di euro registrato nel 2022. Negli ultimi anni, operatori ed istituzioni hanno lavorato sinergicamente per migliorare la gestione del credito deteriorato: lo scenario attuale del mercato evidenzia segnali di miglioramento della qualità del credito, suggerendo come gli NPE non siano più un problema per le banche italiane. Gli operatori del credit management hanno continuato a concentrare la loro attenzione sui crediti Stage 2 e UtP, passando da un approccio di gone-concern a uno di going-concern. È quanto emerge dall’ultimo report PwC “Navigating Tranquility” sulle Non-Performing Exposure (NPE).
Dopo il profondo processo di deleveraging intrapreso dalle banche a partire dal 2017, i volumi di transazioni NPE sono diminuiti negli ultimi anni, stabilizzandosi intorno ai 21 miliardi di euro nel 2023, tornando sostanzialmente ai livelli 2016-2017 ma con un peso significativo del secondario che potrebbe avere ulteriori margini di crescita. Il primo trimestre del 2024 ha segnato il numero più basso di transazioni degli ultimi anni.
Complessivamente, le banche italiane hanno registrato un aumento del ROE negli ultimi anni (14,1% nel 2023 contro il 9,2% e il 5,6% rispettivamente nel 2022 e nel 2021 per le banche significative), principalmente a causa dell’aumento dei tassi di interesse, mentre la qualità degli attivi è mediamente migliorata. A dicembre 2023 ci sono oltre 300 miliardi di euro di NPE complessivi nel mercato, inclusi quelli ceduti a investitori e cancellati dai libri delle banche. Una parte considerevole dei prestiti trasferiti dalle banche nel processo di deleveraging è ancora in essere e necessita di essere gestita.
Sui libri delle banche sono presenti, inoltre, oltre 200 miliardi di euro di prestiti in Stage 2 che richiedono un attento monitoraggio. L’Italia si posiziona al terzo posto in Europa per lo stock di prestiti in Stage 2 (dopo la Francia con 461 miliardi di euro e la Germania con 241 miliardi di euro a fine 2023).
A maggio 2024, il portafoglio di prestiti garantiti da MCC (Mediocredito Centrale) in essere è pari a 180 miliardi di euro, di cui 107 miliardi si riferiscono ai prestiti emessi nell’ambito delle misure COVID (primavera 2020 – giugno 2022). Ad oggi, le escussioni sulle garanzie da parte delle banche a causa di default dei debitori ammontano a 3,3 miliardi di euro (meno del 2% del totale iniziale).
Pier Paolo Masenza, Financial Services Strategy & Value Creation Leader di PwC Italia, alla luce del dibattito sull’evoluzione del mercato dei crediti deteriorati, spiega: “Ci sono ancora 250 miliardi di euro non più nei bilanci delle banche ma nelle mani degli investitori. Una delle priorità del sistema dovrà essere trovare soluzioni con valore sociale per gestire questo stock residuo, minimizzando l’impatto su famiglie e imprese. Le cartolarizzazioni sociali potrebbero garantire che l’immobile rimanga a disposizione del debitore che si impegna a pagare una rata per lui accessibile”.
Secondo PwC Italia, inoltre, l’industria del credito deteriorato deve proseguire il suo percorso di trasformazione. Al centro di questo cambiamento vi è l’adozione della tecnologia e delle innovazioni, che consentiranno di ottimizzare l’uso dell’enorme mole di dati disponibili per servicer e originator, permettendo così analisi sempre più precise e predittive.
Francesco Cataldi, Partner PwC Strategy& Financial Services, conclude: “Si prevede che il settore del credit management subirà una trasformazione sostanziale per soddisfare le esigenze in evoluzione di banche e investitori, introducendo nuovi servizi e adottando approcci innovativi per capitalizzare le opportunità di business emergenti. Negli ultimi anni, si è verificata una significativa ondata di consolidamento del mercato, portando alla creazione di player più robusti pronti ad affrontare le sfide della trasformazione del settore”.