(Teleborsa) – Il settore industriale è alle prese con una profonda trasformazione energetica che richiede competenze manageriali specifiche. Da qui – scrive l’agenzia Energia Oltre – il progetto Federmanager di consolidare la classe manageriale, attraverso attività di formazione specifica e certificazione, incentrata sulla figura di Energy transition manager – Etm.
“Al di là di mode e vincoli incombenti, la strada verso la sostenibilità e verso una transizione energetica giusta richiede un approccio pragmatico e neutrale rispetto alle diverse tecnologie che concorreranno alla decarbonizzazione -, spiega Valter Quercioli, Presidente di Federmanager, aprendo i lavori di presentazione a Roma del Rapporto realizzato da Federmanager e Aiee (Associazione italiana economisti dell’energia), dal titolo “Riflessioni sul Piano nazionale integrato energia clima 2024″ -. Come Federmanager, stiamo lavorando alla formazione e alla certificazione di quelle competenze manageriali innovative che oggi il mercato richiede e che possono costituire la chiave per l’attuazione degli scenari descritti nel Pniec. È importante – aggiunge il Presidente Federmanager – che le imprese, in particolare le Pmi, così come la Pubblica amministrazione, si dotino di figure qualificate come quella dell’Energy transition manager, per guidare la transizione nei settori industriali”.
PICHETTO: PNIEC FONDAMENTALE PER IL NOSTRO PAESE
Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha indirizzato un messaggio scritto all’evento di oggi, sottolineando che “il Pniec è infatti uno strumento di fondamentale importanza per il nostro Paese e per lo sviluppo sostenibile del nostro sistema produttivo. Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni, dal clima agli equilibri geopolitici – prosegue il Ministro nella nota – e la necessità di garantire sicurezza e indipendenza energetica, tutela della biodiversità e misure di adattamento e contrasto ai cambiamenti climatici ci impone di investire non soltanto su nuove professionalità, ma soprattutto sull’adeguamento costante delle competenze e delle conoscenze dei protagonisti della nostra industria. Per questo, sono fermamente convinto che il contributo dei manager e delle alte professionalità che voi rappresentate sia cruciale per individuare strategie e collaborazioni efficaci”.
NON SI PUO’ PRESCINDERE DA UNA RETE ELETTRICA AFFIDABILE
Il Rapporto “Riflessioni sul Pniec 2024” presentato oggi dal Consigliere Aiee, Carlo Di Primio, evidenzia dati e politiche energetiche favorendo soluzioni attuabili. A partire da un’attenzione alla crescita del contributo delle rinnovabili che – nota il Rapporto – non potrà prescindere dallo sviluppo di una rete elettrica affidabile e capace di accogliere la nuova produzione. Altre istanze strategiche riguardano il tema della riassegnazione delle concessioni dei grandi impianti idroelettrici e la semplificazione del permitting per accelerare la creazione di nuovi impianti di energia rinnovabile. Con l’obiettivo di sburocratizzare al massimo le procedure mantenendo comunque grande attenzione sotto il duplice profilo, della sicurezza e della legalità.
Infine, spazio anche all’opzione nucleare, con un’apertura decisa della Federazione a offrire un contributo di competenze per lo sviluppo del Programma nazionale per il nucleare sostenibile.
“Per determinare impatti positivi sul Pil nazionale, servono investimenti consistenti e un quadro normativo che offra chiarezza. Occorre anche tutelare il settore rispetto alla concorrenza asimmetrica dei Paesi extra-Ue, salvaguardando la competitività del tessuto industriale nazionale e la sicurezza energetica”, chiosa Quercioli.
Durante il convegno, a discutere dei contenuti del Rapporto, sono intervenuti gli onorevoli Luca Squeri e Marco Simiani, alcuni operatori del settore e delle istituzioni tra cui Modestino Colarusso, Direttore generale Confindustria Energia, Massimo Sessa, Presidente Consiglio superiore dei lavori pubblici presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto Tatò, Dirigente divisione III Energia e Imprese, economia e tecnologie verde, economia del mare del ministero delle Imprese e del Made in Italy e Michele Vitiello, Segretario generale World Energy Council – Italia.
La visione dei manager è espressa dai contributi di Antonio Amato, Coordinatore Commissione Oil & Gas Federmanager, Gaetano Iaquaniello, componente Commissione Oil & Gas Federmanager e Alberto Zanobini, Coordinatore Commissione Sistema elettrico Federmanager, dirigenti di grande esperienza del settore che hanno collaborato alla stesura del Rapporto presentato oggi.
Il Direttore generale di Federmanager, Mario Cardoni, a chiusura dei lavori della giornata, ribadisce che “l’orizzonte che il Paese ha di fronte richiede un’ampia diversificazione delle fonti produttive. Non si deve quindi cedere ad approcci ideologici miopi, che non guardano ai progressi tecnologici registrati negli anni e rischiano così di minare la competitività del Paese, a svantaggio di cittadini e imprese”.
IL RAPPORTO
Nel giugno scorso è stata pubblicata la versione definitiva dell’aggiornamento del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), per il quale è stato seguito un approccio realistico e tecnologicamente neutro, in grado di rispondere alle istanze emergenti in termini di decarbonizzazione della produzione e dei consumi.
IL PNIEC IN SINTESI
Dal 2000 al 2023, il fabbisogno energetico italiano ha registrato un andamento in due tempi: un primo decennio di continua crescita, con il passaggio dai 174,5 Mtep del 2000 ai 176,8 Mtep del 2010, con un picco di 189 Mtep del 2005, e un secondo decennio di forte rallentamento, fino a raggiungere secondo i dati provvisori del 2023, 147,6 Mtep. Si tratta di un andamento analogo a quanto registrato a livello europeo e caratterizzato da una contrazione considerevole nel 2020, a causa della pandemia da Covid-19. La copertura è stata prevalentemente assicurata dai prodotti petroliferi, anche se il loro contributo è progressivamente calato, passando da poco meno del 51% del 2000 al 34% del 2020.
A questa progressiva contrazione è corrisposto un incremento della partecipazione alla copertura del fabbisogno del gas naturale e delle fonti rinnovabili. In particolare, il gas naturale ha assicurato la copertura di una quota del 33,7% del fabbisogno energetico nel 2000, che è poi salito al 38,8% nel 2022; mentre il contributo alla copertura derivante dalle fonti rinnovabili è cresciuto complessivamente del 174%, passando da 10,1 Mtep del 2000 – quando copriva appena il 6% del fabbisogno energetico – a 27,7 Mtep del 2022, che corrisponde al 19% del fabbisogno.
Sul fronte degli impieghi finali, il settore trasporti è rimasto per tutto il periodo il settore che consuma più energia, con un peso sui consumi finali costantemente intorno al 31%, seguito dal settore residenziale in crescita (da 21,5% del 2000 al 25,7% del 2022) e dal settore industria. Complessivamente questi tre settori coprono oltre il 60% dei consumi energetici nazionali.
Nel 2022, la disponibilità energetica lorda è stata di 143 Mtep, soddisfatta prevalentemente dall’importazione (pari al 78%) e per il 22% dalla produzione interna.
La progressiva contrazione delle produzioni nazionali, pur in presenza di una riduzione della do-manda, porta inevitabilmente a un aumento del ricorso alle importazioni e conseguente aumen¬to del rischio di una dipendenza energetica, che per le sole fonti fossili ha raggiunto, nel 2022, quasi il 94% per l’Italia, superiore anche a quanto registrato per l’Ue (85%).
RINNOVABILI E SETTORE ELETTRICO
Il settore elettrico è stato da sempre quello in cui le fonti rinnovabili hanno fatto sentire la loro incidenza: inizialmente con le grandi istallazioni idroelettriche e in prospettiva con il peso crescente delle nuove rinnovabili, come solare ed eolico.
Idroelettrico – In Italia si avverte la necessità di modernizzare e ottimizzare gli impianti esistenti, in un’ottica non solo di efficienza ma anche di capacità di generazione. Tuttavia, per gli operatori del settore esiste un problema di stabilità del sistema normativo e di chiarezza sul tema delle concessioni che, in Italia, hanno una durata di 40 anni. Nello specifico, l’86% delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche risulta ad oggi già scaduto o scadrà entro il 2029.
Fotovoltaico – Il fotovoltaico in Italia è ormai una realtà più che matura. Secondo gli ultimi dati Gse gli impianti fotovoltaici installati sono 1.597.447 per una potenza complessiva pari a 30.139 MW. Il 94% degli impianti sono di piccola taglia (potenza inferiore o uguale a 20 kW) e rappresentano il 29% in termini di potenza.
Eolico – Può dare un contributo significativo, soprattutto se si riuscirà ad avviare in maniera più risoluta lo sviluppo di progetti offshore, per i quali la tecnologia prevalente individuata dal Pniec 2024 dovrebbe essere quella ‘floating’. Il Pniec 2024 prevede un obiettivo di capacità eolica installata al 2030 di circa 28.140 MW di cui 2.100 MW di eolico offshore al 2030.
LA POSIZIONE DEI MANAGER SUL PNIEC: RIASSEGNARE LE CONCESSIONI DEI GRANDI IMPIANTI IDROELETTRICI AI CONCESSIONARI USCENTI
“È necessario procedere a una riassegnazione delle concessioni dei grandi impianti idroelettrici ai concessionari uscenti, attraverso una negoziazione su investimenti, canoni e iniziative a favore dei territori. La durata dei titoli concessionari va infatti adeguata alla media europea, che si aggira sui 60-90 anni. In Italia si arriva a 30 anni, ma in alcune regioni si scende anche a 15. In tal modo si guarderebbe allo sviluppo di una strategia pluriennale, mantenendo nel Paese il controllo degli impianti. Anche perché sono da considerare di primaria importanza le ricadute che il settore idroelettrico registra sul piano occupazionale” hanno spiegato i manager.
Secondo i quali “un futuro energetico sostenibile per l’Italia non può prescindere da una rete di distribuzione elettrica resiliente e all’avanguardia. È quindi necessario investire nelle infrastrutture, indispensabili per abilitare la transizione verso le energie rinnovabili e l’elettrificazione dei consumi che serviranno a sostenere lo sviluppo economico del Paese. La rete di distribuzione italiana è tra le più virtuose d’Europa, grazie al capitale investito in maniera efficace che ha abilitato alti tassi di innovazione, efficienza e sviluppo infrastrutturale. Occorre che, in prospettiva 2025-2030, l’attuale sistema normativo-regolatorio e le sue attuazioni non costituiscano un freno agli investimenti di cui il ruolo della rete necessita oggi. La frammentazione delle filiere pregiudicherebbe le economie di scala e renderebbe più complessa e difficoltosa la gestione, con il rischio di maggiore onerosità per il consumatore. Pertanto, al fine di perseguire realisticamente gli obiettivi nazionali ed europei ed evitare rischi di deterioramento della gestione efficiente della rete, è necessaria un’evoluzione normativa verso un quadro di regole certo e adeguato”.
In parallelo, “va portato avanti il progetto di semplificazione del permitting, con l’obiettivo di accelerare la creazione di nuovi impianti di energia rinnovabile, dato l’importante ruolo assegnato alle energie da fonti rinnovabili-Fer nel processo di decarbonizzazione e nel raggiungimento degli obiettivi al 2030. Ad esempio, razionalizzando la disciplina sulle autorizzazioni attraverso la creazione di un ‘Testo unico’ sul permitting di progetti Fer. Inoltre, sburocratizzando a livello territoriale per mantenere entro limiti temporali precisi la concessione dei permessi (attualmente la durata media per le autorizzazioni è 5 anni per gli impianti eolici ed oltre 1 anno per i fotovoltaici).
Sburocratizzare bene e in fretta, quindi, senza però indebolire il sistema sotto il profilo dei controlli di sicurezza e legalità”, hanno precisato.
IL PESO DEL GAS
Ad oggi, il gas proveniente dalla Russia risulta essere pari solo al 4,6% della domanda complessiva italiana e il principale fornitore italiano è diventato l’Algeria, con 23 miliardi di metri cubi, quantità che copre il 37,4% della richiesta nazionale (era circa il 29% nel 2021). Al secondo posto si posiziona l’Azerbaijan che ha contribuito con quasi 10 miliardi di metri cubi di gas, che rappresentano il 16,2% del totale importato nel nostro Paese. Per quanto riguarda il Gnl, nel 2023 nei rigassificatori italiani sono arrivati 16,6 miliardi di metri cubi, circa 2,4 miliardi di metri cubi in più rispetto al 2022 (+16,8%). Nel nuovo terminal di Piombino è stato gestito gas per 1,2 miliardi di mc, poco meno del 7,5% del Gnl importato (1,9% della domanda nazionale).
Il gas naturale è spesso definito l’energia della transizione, il traghettatore nel percorso verso un sistema energetico più sostenibile e a basse emissioni di carbonio. Il Pniec riprende questa definizione e presenta uno scenario con consumi interni lordi di tale fonte più o meno stabili fino al 2025 e in graduale discesa al 2030 e al 2040, diminuzione guidata principalmente dal gas per uso termoelettrico.
“Se il gas naturale si conferma quindi come l’energia leader della transizione al 2040, rimanendo la principale soluzione percorribile per ridurre gradualmente le emissioni, bisogna comunque lavorare intensamente a una maggiore diversificazione delle fonti. Il biogas, e in particolare il biometano, saranno in grado di fornire un importante contributo, insieme al Lng (che emette CO2 come il gas naturale), all’abbattimento dei gas serra sia come vettore energetico sia per il trasporto”, puntualizzano i manager.
IL RUOLO DELL’IDROGENO
L’idrogeno, l’elemento più abbondante nell’universo, già da qualche anno è ritornato al centro delle agende dei governi europei, e non solo, quale vettore energetico chiave nella transizione verso un futuro più sostenibile. L’elevata energia specifica, la capacità di essere stoccato e trasportato in modo efficiente anche su lunghe distanze e la disponibilità di nuovi materiali e tecnologie, soprattutto, lo rendono un candidato ideale per il ruolo di protagonista della decarbonizzazione. La sintesi del Governo italiano, in continuità con quanto impostato dal Governo Draghi, è che l’idrogeno debba occupare una posizione di rilievo nella copertura della domanda energetica decarbonizzata del futuro, rappresentando anche l’oc¬casione per consolidare le nuove rotte dell’energia che dal Sud Europa e dall’Africa siano in grado di soddisfare parte della domanda di vettori decarbonizzati del Nord Europa.
Al 2030, il Pniec 2024 prevede di assolvere gli obblighi di uso di idrogeno rinnovabile, con consumi di circa 0,25 Mt/anno e stima che almeno il 70% della domanda, proveniente dal settore industriale e dei trasporti, sarà coperta da idrogeno prodotto in Italia e solo il 20% sarà coperto dall’importazione, con un obiettivo indiretto di circa 3 GW di elettrolizzatori a fronte, ad esempio, dei 124,5 MW installati nelle Hydrogen Valleys italiane. Al momento in tutta Europa sono istallati 200 MW e in fase di progettualità 1.5 GW…siamo lontanissimi dalle stime Ue.
“Attualmente l’idrogeno sta progressivamente guadagnando spazio all’interno del panorama energetico nazionale, la crescita però è ostacolata dagli elevati costi di produzione, in particolare per quello green, dalle esigenze infrastrutturali e dalla sicurezza percepita. Sono necessarie, pertanto, politiche di incentivi per portare avanti lo sviluppo di questo e di altri settori a basso impatto di carbonio, nel quadro di uno sviluppo delle diverse fonti che guardi a tutti i possibili scenari produttivi, ottimizzando al contempo sia gli aspetti di circolarità e sostenibilità sia la ‘questione’ costi”, evidenziano i manager.
E-FUEL E BIO-FUEL
Nel trasporto su strada, che rappresenta circa il 74% delle emissioni dell’intero settore trasporti, un obiettivo chiave è quello di aumentare l’utilizzo di veicoli zero o low emission che utilizzano combustibili alternativi, tra i quali il più richiamato è certamente l’energia elettrica, purché deriva¬ta da fonti rinnovabili. Le nuove fonti di energia per la mobilità comprenderanno comunque anche i carburanti sintetici come gli elettrocarburanti (e-fuel) e biocarburanti (biofuel) che potranno ricoprire un ruolo fon-damentale nel breve-medio termine, con il superamento del divieto di vendita delle vetture con motore endotermico a partire dal 2035 previsto da Bruxelles.
Si tratta di:
• biocarburanti avanzati (in miscela con fossili o in purezza) ottenuti da materiali di scarto di origine organica;
• biometano e bio-Gnl, ottenibili dall’upgrading del biogas producibile con diversi feedstock, che vanno dagli scarti delle colture agricole ai reflui zootecnici, dalla frazione organica del rifiuto so¬lido urbano (Forsu) ai residui agro-industriali e ai fanghi di depurazione;
• recycled carbon fuels, ottenuti da rifiuti indifferenziati e dal riutilizzo di rifiuti plastici (plasmix) non utilizzabili per il riciclo chimico della plastica;
• e-fuels, carburanti sintetici ottenuti dalla sintesi di idrogeno rinnovabile o low carbon e anidri¬de carbonica ricavata dall’atmosfera o, molto più opportunamente, da sorgenti concentrate. La loro produzione presuppone lo sviluppo di progetti di cattura e stoccaggio (Ccs) o di cattu¬ra, utilizzo e stoccaggio del carbonio (Ccus), nonché la generazione di idrogeno verde o blu.
“Suggeriamo di favorire gli investimenti per la riconversione parziale o totale delle raffinerie per la produzione di carbon neutral fuels. È a nostro avviso altresì opportuno promuovere l’utilizzo dei carbon neutral fuels nel trasporto pubblico e incentivare il loro utilizzo nella mobilità privata, prevedendo una apposita fiscalità legata all’impronta carbonica dei fuels – ha sottolineato i manager -. I biocarburanti e gli e-fuels potranno infine supportare la mobilità leggera ed essere di complemento a quella elettrica, ma saranno fondamentali ed indispensabili allo stato attuale per quella pesante, navale e aerea. È auspicabile che sia revisionata la disciplina comunitaria, unidirezionale e disabilitante per quanto riguarda il calcolo delle emissioni dei veicoli leggeri e pesanti, al fine di privilegiare e adottare il sistema di calcolo legato al ciclo di vita delle emissioni invece di quello ‘Tank-to-Wheel’. In generale, il settore va sostenuto rispetto alla concorrenza asimmetrica dei Paesi extra-Ue, salvaguardando la competitività del tessuto industriale nazionale e la sicurezza energetica”.
L’OPZIONE NUCLEARE
La rinnovata attenzione sul piano internazionale ha portato a introdurre nel Pniec 2024 uno scenario che contempli il ricorso al nucleare avanzato, giustificandolo con la considerazione che “la letteratura scientifica internazionale è concorde nell’affermare che un sistema elettrico interamente basato su fonti rinnovabili, in particolare non programmabili, è possibile, ma non economicamente efficiente […] Occorre quindi disporre di una certa quota di generazione elettrica programmabile esen¬te da emissioni di gas climalteranti, che potrebbe includere il nucleare, in grado di affiancare le fonti rinnovabili non programmabili per garantire una loro migliore integrazione nel sistema”. Si tratta sostanzialmente dei piccoli impianti modulari: Smr, Amr e micro-reattori, con l’obiettivo di raggiungere una capacità nucleare da fissione che, partendo 0,4 GW nel 2035, sale a 7,6 GW nel 2050, a cui nel 2050 si aggiunge una quota di 0,4 GW da fusione.
“Intendiamo fornire uno specifico contributo allo sviluppo del Piano strategico nazionale del nucleare, partecipando attivamente al Tavolo lanciato dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Siamo infatti ben consapevoli che sia opportuno mantenere un approccio pragmatico e neutrale sulle diverse tecnologie che concorreranno alla decarbonizzazione”, hanno concluso i manager.