(Teleborsa) – No a cambiamenti radicali nella futura riforma della governance portuale, ma una “rivisitazione normativa” e adeguamenti. Questa la posizione espressa da Confetra, la Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, sulla base di un lavoro svolto insieme ad un folto gruppo di Federazioni e Associazioni aderenti (tra cui Assiterminal, Fedespedi, Assologistica e Federagenti) sulla riforma della governance portuale, da qualche mese al centro del dibattito governativo. Tra i temi sui quali Confetra avanza delle proposte da portare sul tavolo dei decisori politici, quello delle concessioni e dei canoni demaniali, dell’autonomia differenziata, della semplificazione e digitalizzazione, delle infrastrutture e dell’intermodalità, dei dragaggi, della sostenibilità e della concorrenza.
La crisi del Mar Rosso ha portato i nostri porti in una fase critica, con una crescente concorrenza dei porti del Nord Africa e del Mediterraneo Orientale, una consolidata leadership dei porti del Nord Europa e un conseguente aumento dei rischi di marginalizzazione dei nostri porti, collocati nelle classifiche globali di efficienza in posizioni di retroguardia. Le sfide per la nostra portualità sono sempre più complesse: l’aumento dei costi ambientali, anche a causa dell’attuazione del meccanismo ETS, e di quelli relativi alla movimentazione delle merci, sono fattori che pesano gravemente sulle imprese e sull’economia nazionale. “Porti e logistica sono fattori di sviluppo fondamentali per la crescita del Paese – dice Carlo De Ruvo, presidente di Confetra – ma lo scenario diventa sempre più articolato e il settore deve affrontare sfide ogni giorno più complesse. Per questo, sono necessari interventi mirati che possano migliorare e rafforzare gli assetti esistenti, mantenendo la stabilità e la continuità delle attività marittimo-portuali”.
“Necessario rafforzare la governance a livello centrale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, a cui devono essere attribuiti maggiori poteri di indirizzo per l’attuazione delle questioni strategiche e di vigilanza per il controllo e il coordinamento dell’efficacia ed efficienza del sistema portuale” dice De Ruvo. Per quanto riguarda le AdSP (Autorità di Sistema Portuale), secondo la confederazione, è necessario dare ormai per acquisita la loro natura giuridica e mantenere l’attuale configurazione, cioè enti pubblici non economici vigilati dal MIT. “È necessario – spiega il presidente – un rafforzamento del ruolo centrale di coordinamento tra le AdSP, che garantisca un coinvolgimento uniforme su tutto il territorio degli operatori tramite le rappresentanze di categoria soprattutto nell’ambito degli Organismi di partenariato della Risorsa Mare. Tale Organismo necessiterebbe di una profonda revisione partendo da unmaggiore coinvolgimento delle associazioni di categoria e attribuendo loro un potere decisorio sui profili di pianificazione anziché meramente consultivo o informativo”.
Secondo Confetra, alcuni criteri previsti nel Regolamento concessioni e nelle relative Linee guida applicative, dovrebbero essere inclusi nell’art. 18 della legge 84, elevandoli così a rango primario. In particolare: le modalità di rilascio e durata delle concessioni; i criteri di valutazione delle domande di rilascio; gli indicatori comuni per la determinazione della componente variabile del canone; il monitoraggio delle stesse concessioni. Sui canoni, vanno rivisti gli attuali meccanismi di adeguamento, limitandoli al solo aggiornamento alla variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (indice FOI).
La disciplina dell’autonomia differenziata, tra le 23 materie oggetto di possibile trasferimento di competenze alle Regioni, include anche infrastrutture, porti e aeroporti. “Un cambiamento questo che desta forte preoccupazione” continua De Ruvo “Il rischio di frammentazione del sistema e delle politiche di investimento e di regolazione andrebbe evitato, anche per ragioni di parità di condizioni strutturali e concorrenziali di base, ma allo stesso tempo non deve penalizzare le capacità competitive dei territori”. Secondo Confetra, infatti, una visione più ampia dei sistemi infrastrutturali, industriali e dei servizi non può essere limitata ai confini geografici regionali, “Vanno evitate regolamentazioni differenti da territorio a territorio” conclude De Ruvo.
Nell’ottica di una digitalizzazione dell’intera catena logistica, il completamento dell’attuazione a livello nazionale del sistema dei Port Community System (PCS) è fondamentale per utilizzare gli stessi sistemi come ambienti unici in cui le diverse Amministrazioni possono convogliare le risultanze dei vari controlli. “Anche solo rendendo operativi gli interventi sulla digitalizzazione, già previsti a livello di PNRR, dando piena attuazione al SUDOCO (lo Sportello Unico Doganale e dei Controlli), alle ZLS (Zone Logistiche Semplificate), alla ZES unica (Zona economica speciale per il Mezzogiorno) e alla Piattaforma Logistica Nazionale (PLN), si riuscirebbe a migliorare l’efficienza dei nostri porti, a ridurre i costi e a favorire l’interoperabilità tra i diversi attori coinvolti”, dice la confederazione. Infine, è importante secondo Confetra prevedere l’introduzione di una carta dei servizi per migliorare e monitorare le performance operative e logistiche di ciascun porto.
“C’è bisogno di un coordinamento nazionale per una pianificazione più veloce delle opere” dice De Ruvo, parlando dei numerosi ostacoli infrastrutturali ancora presenti – valichi alpini e collegamenti nei porti, per esempio, che gravano sulla competitività di questo settore. Lo sviluppo dell’intermodalità è una via obbligata. Le manovre ferroviarie rappresentano per molti porti una criticità sia per i costi che per i tempi, “Sarebbe auspicabile procedere ad un’attenta analisi delle criticità per individuare possibili soluzioni che permettano di ottenere maggiore efficienza nella gestione dell’ultimo miglio”.
Il tema dei dragaggi nelle aree portuali riveste una grande importanza sia ambientale che economica ma, insieme alla manutenzione, all’infrastrutturazione dei moli e all’appesantimento burocratico, è uno di quei problemi strutturali che penalizza la portualità nazionale. “Da un lato – secondo Confetra – è necessario sviluppare il concetto che il dragaggio rappresenta un’attività di manutenzione ordinaria essenziale per garantire l’accessibilità del porto e delle sue aree marine e, dall’altro lato, che la responsabilità del dragaggio non deve essere allocata sul concessionario”.
“I porti rappresentano dei rilevanti potenziali hub energetici. Per questo, sarebbe auspicabile promuovere la creazione di “comunità energetiche” anche con la partecipazione degli operatori terminalistici e sostenere gli investimenti di adeguamento delle imprese” dice De Ruvo. “Un peso non irrilevante – continua il presidente di Confetra – è quello derivante dall’avvio del meccanismo ETS alla nostra navigazione, che sta già producendo progressivi incrementi di prezzo dei noli e squilibri concorrenziali con le portualità extra-UE. Sarebbe opportuno che le entrate, in tutto o almeno in larga parte, fossero riutilizzate per investimenti e in misure di sostenibilità del comparto marittimo”.
Emerge chiaramente come l’attuale regolazione economica del settore marittimo portuale non sia in grado di prevenire potenziali comportamenti anticoncorrenziali. Le uniche tutele esistenti si concentrano nel ruolo affidato all’AGCM; “È necessario – dice De Ruvo -definire linee e indirizzi preventivi di regolazione, per evitare il formarsi di comportamenti distorsivi della concorrenza. Inoltre, è importante contribuire a una revisione degli aiuti di Stato nel settore marittimo, che accompagni i processi di sviluppo della navigazione e della portualità in chiave di sostenibilità”. Infine, conclude il presidente “il regolatore economico della portualità dovrebbe fare più attenzione nel valutare i possibili effetti distorsivi delle proprie determinazioni, come nel caso dell’estensione delle agevolazioni del registro navale internazionale alle attività accessorie svolte dalle imprese armatoriali. La valutazione economica della regolazione, nei porti come nell’intera filiera del trasporto e della logistica, dovrebbe rappresentare un passaggio obbligato dei processi legislativi e amministrativi, per massimizzarne l’efficienza ed evitare possibili effetti anticoncorrenziali”.