(Teleborsa) – “La Carta del docente va pure ai supplenti. Punto e basta”. A dirlo è stata la suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 29961/2023, “ha fissato” una serie “di principi di diritto: ‘La Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6′”. Inoltre, “l’importo di 500 euro deve essere maggiorato degli interessi o rivalutazione, secondo i criteri dettati dall’art. 22, comma 36, della L. n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito sino alla concreta attribuzione”.
I testi sono stati riportati il 12 giugno scorso anche dal giudice del lavoro di Verona, nell’esaminare il ricorso, prodotto dai legali operanti per l’Anief, riguardante una insegnante precaria che ha svolto supplenze annuali dal 2020 ad oggi: la tesi degli avvocati è stata sposata in pieno dal giudice, che ha infatti assegnato i 2 mila euro di Carta del docente, “oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria calcolata dalla data del diritto all’accredito sino alla concreta attribuzione”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “ricorda che i supplenti o ex supplenti possono ancora presentare ricorso con Anief”.
“Potranno raggiungere l’obiettivo prefissato, sia pecuniario sia di raggiungimento del senso di giustizia che certi legislatori superficiali hanno praticamente messo in crisi. A pensarla così è anche il Consiglio di Stato, come pure la Corte di Giustizia europea e quindi la Corte di Cassazione: a questo punto, Governo e Parlamento farebbero bene a modificare la norma perché tra rimborsi, pure con interessi, e spese legali allo Stato tutto questo sta costando un salasso”, conclude il presidente nazionale Anief.