(Teleborsa) – A poco più di una settimana dall’appoggio ricevuto al recente vertice Nato di Washington, la questione della sicurezza e del sostegno all’Ucraina è stata al centro della plenaria di apertura del quarto vertice della Comunità Politica Europea (Cpe), co-presieduta dal premier britannico, Keir Starmer e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, alla presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Al via ieri a Blenheim Palace, dimora storica in Oxfordshire protetta dall’Unesco, appartenuta per circa due secoli alla famiglia Churchill e nella quale nacque Winston Churchill, il forum allargato paneuropeo di cui fanno parte 47 Paesi del vecchio continente, membri dell’Ue o della Nato e non, compresa la Turchia e varie repubbliche ex sovietiche (dall’Ucraina al Caucaso) con la sola esclusione di Russia e Bielorussia, è stato improntato al rilancio dei legami fra Paesi Ue ed extra Ue di fronte alle sfide e alle “minacce” del presente.
Quattro le tavole rotonde tematiche parallele: la prima dedicata al contrasto dell’immigrazione illegale, voluta congiuntamente da Roma e da Londra, presieduta da Albania e Italia, alla presenza di Starmer; la seconda ai problemi dell’energia e della connettività, copresieduta da Norvegia e Slovenia; e le ultime due dedicate al tema della “difesa della democrazia” dalla minaccia d’interferenze di vario genere, copresiedute rispettivamente da Francia (rappresentata dal presidente Emmanuel Macron) e Moldova e da Consiglio Europeo e Montenegro
A margine del vertice, Starmer ha ribadito l’intenzione di far leva sul consesso paneuropeo di oggi per rilanciare l’immagine di un Regno Unito che nelle sue parole vuole tornare protagonista sulla scena della cooperazione internazionale, in un contesto geopolitico descritto come di minacce crescenti. E vuole anche promuovere “un reset” delle relazioni post Brexit con l’Ue – a cominciare proprio dai temi della difesa e della sicurezza – pur senza rimettere in discussione il divorzio da Bruxelles sancito dal referendum britannico del 2016.
Quanto al dossier immigrazione, Starmer – pur avendo cestinato il piano Ruanda del predecessore Sunak – ha chiarito di voler comunque portare avanti una linea rigorosa, a partire dalla creazione di un coordinamento ad hoc delle forze di confine britanniche: alle quali, come formalizzato fra le prime iniziative programmatiche governative illustrate nel King’s Speech in Parlamento, il nuovo esecutivo intende attribuire poteri anti-terrorismo per combattere i trafficanti di esseri umani.
Il vertice è stato segnato dallo scontro aperto fra due dei partecipanti più in vista: Zelensky e il premier ungherese Viktor Orban. “Se qualcuno in Europa – ha detto Zelensky nella sessione d’apertura del summit, riferendosi al recente viaggio a Mosca di Orban – cerca di risolvere i problemi alle spalle di qualcun altro, se qualcuno vuole compiere una visita nella capitale della guerra e magari promettere qualcosa contro il nostro comune interesse o a spese dell’Ucraina o di altri Paesi, perché mai dovremmo prendere in considerazione una tale persona?”. Parole a cui il premier magiaro – sostenuto dal collega serbo Aleksandar Vucic, deluso dal fatto che troppi colleghi “parlino solo di guerra” – aveva in qualche modo già replicato qualche minuto prima, ribadendo secco al suo ingresso a Blenheim Palace di ritenere “impossibile qualunque soluzione sul campo di battaglia” in Ucraina; e dunque qualunque soluzione diversa da un negoziato col Cremlino. “Vladimir Putin – la replica di Zelensky – ha finora fallito nel tentativo di dividere” l’Europa e l’Occidente sul sostegno a Kiev e non va incoraggiato su questa strada. Nelle sue parole, del resto, Mosca non ha ottenuto “successi significativi” nella sua “aggressione”, pur sacrificando “decine di migliaia” di militari, grazie “al coraggio dei guerrieri ucraini” e al sostegno assicurato a Kiev delle nazioni partner. Ma non per questo dà segni di “de-escalation”, ragion per cui bisogna “continuare a essere coraggiosi» e garantire all’Ucraina «una difesa aerea sempre più forte”.
Una lettura che, toni polemici a parte, Starmer ha mostrato di condividere in pieno a fine summit, in continuità su questo tema con i precedenti governi Tory. In un contesto tuttavia segnato non solo dalla novità del suo ruolo d’inquilino entrante di Downing Street, ma anche di anfitrione entusiasta di un consesso che mira a ridare ossigeno alla cooperazione inter-europea. Consesso salutato anche da un ricevimento offerto da re Carlo III e allargato di fatto a tutti i Paesi dell’Europa (Caucaso ex sovietico compreso) con la sola esclusione di Russia e Bielorussia e l’assenza della Turchia dovuta alla decisione di Recep Tayyip Erdogan di snobbare l’evento.
Al centro del summit, Ucraina a parte, questioni come l’energia, la connettività, “la difesa delle democrazie dalle ingerenze esterne”. Ma soprattutto il dossier migranti, oggetto di una sessione ad hoc co-presieduta da Meloni e dal premier albanese Edi Rama, al fianco di Starmer, che nella conferenza stampa finale ha indicato proprio questa sfida come uno dei fronti privilegiati di un “rinnovato legame di amicizia e di fiducia in Europa”, evocando nuove intese in particolare con la Francia e più in generale una cooperazione multilaterale – auspicata pure da Giorgia Meloni in un faccia a faccia confermato come cordiale da Starmer – che sia fondata su strumenti “efficaci” e scambi d’intelligence, non su “espedienti” retorici come il defunto piano Ruanda.
Mentre a conferma di una pagina del dopo Brexit che può iniziare a chiudersi, pur senza ritorni indietro, non sono mancate, nel giorno della sua conferma, le felicitazioni a von der Leyen: interlocutrice, ha scritto Starmer, con cui “lavorare a stretto contatto” per dare una qualche concretezza all’auspicato “reset delle relazioni” Londra-Bruxelles.