(Teleborsa) – Negli ultimi cinque anni in Italia sono state promosse 96 offerte pubbliche, di cui 13 nel 2020 (pari al 14%), 19 nel 2021 (pari al 20%), 24 nel 2022 (pari al 25%), 20 nel 2023 (pari al 21%) e 20 nel 2024 (pari al 21%). Nel periodo considerato nel 92% dei casi il pagamento del corrispettivo è avvenuto in denaro (88 Opa), mentre nel restante 8% il corrispettivo è rappresentato da strumenti finanziari (quattro Ops e quattro Opas) quotati o non quotati su mercati regolamentati italiani (nello specifico tra le Ops, in due casi sono state offerte in cambio azioni e in due casi obbligazioni, mentre tra le Opas gli strumenti offerti in cambio sono stati rappresentati esclusivamente da azioni). In termini di controvalore, le offerte hanno registrato un valore complessivo pari a circa 29 miliardi di euro. È quanto emerge dalla relazione per l’anno 2024 di Consob.
Analizzando la natura dell’offerta, i dati mostrano una prevalenza delle offerte volontarie (complessivamente pari a 59) su quelle obbligatorie (complessivamente pari a 37, dato che comprende anche gli obblighi di acquisto). In termini aggregati, le offerte volontarie hanno rappresentato circa il 61% delle offerte promosse, contro circa il 39% di quelle obbligatorie. All’interno della categoria delle offerte volontarie, 49 sono state totalitarie (pari al 51% del totale di tutte le offerte), mentre dieci sono state parziali (pari al 10%).
Analizzando le offerte per tipologia di prodotto finanziario, emerge che le azioni ordinarie sono state oggetto di offerta nel 97% dei casi delle offerte (93 operazioni sulle complessive 96), mentre nel restante 3% hanno riguardato azioni di risparmio e warrant. Si registra poi un trend crescente del numero delle offerte promosse su azioni negoziate su EGM (pari a 21 di cui un’offerta nel 2020 e nel 2021, quattro offerte nel 2022, dieci offerte nel 2023 e cinque offerte nel 2024).
Prevalgono le offerte di acquisto finalizzate all’incremento della partecipazione già detenuta dai soci di controllo nella società bersaglio (Opa da completamento) e al conseguente delisting dell’emittente (circa il 70% delle offerte). Rientrano in tali offerte anche le Opa obbligatorie a cui ha fatto seguito il delisting. Risultano residuali, invece, le offerte il cui obiettivo principale è l’acquisizione del controllo (pari a circa il 20%). Queste evidenze mostrano che i cambiamenti di controllo si caratterizzano maggiormente per essere il risultato di transazioni amichevoli, tra gli azionisti di controllo storici e i nuovi acquirenti, piuttosto che come operazioni ostili.
Con riferimento al fenomeno del delisting, “una possibile spiegazione potrebbe derivare da una “disaffezione” verso lo status di società quotata da ricondurre all’ampio dibattito in corso in tema di prevalenza dei private markets sui public markets”, si legge nel rapporto, dove si fa notare che, tra le motivazioni dichiarate nei documenti di offerta da parte degli offerenti, sono evidenziati i vantaggi per gli emittenti del conseguimento dello status di società non quotata (semplificazione normativa, minori oneri e maggior flessibilità gestionale e organizzativa, maggior competitività e velocità di esecuzione). In più occasioni emerge poi la circostanza che: i) la capitalizzazione di mercato spesso non riflette i valori fondamentali della società; ii) l’operatività degli investitori si caratterizza su orizzonti di breve periodo (cosiddetto short termism); iii) la liquidità dei titoli quotati registra valori inferiori alle attese degli emittenti (volumi di negoziazione bassi e insufficiente attività di sostegno alla liquidità da parte del liquidity provider/specialista).
Focalizzando l’analisi sulle sedi di negoziazione e, in particolare sui premi di negoziazione, emerge che i mercati che registrano una maggiore liquidità presentano premi mediamente più bassi su tutti gli orizzonti temporali considerati. In particolare, i premi maggiori si registrano sull’EGM. Nell’ambito del mercato EXM, il Segmento Euronext STAR Milan offre i premi minori.
Infine, si evidenzia come il reinvestimento dei soci dell’emittente nel capitale dell’offerente (o in altra società della catena di controllo di quest’ultimo), sia una pratica diventata sempre più comune nel periodo 2020-2024 (in 23 offerte sul totale di 96, pari al 24%). Il dato appare infatti quattro volte superiore nel periodo analizzato rispetto alle evidenze emerse nel periodo 2007-2019.