(Teleborsa) – I prezzi del greggio sono aumentati di circa il 10% la settimana scorsa, da quando l’Iran ha lanciato il suo attacco missilistico su Israele martedì, portando il mercato a rivalutare i rischi di un’escalation del conflitto e i rischi che ciò comporterebbe per l’approvvigionamento in Medio Oriente. Oggi il petrolio è in ulteriore rialzo, con il Brent sopra i 79 dollari al barile e il WTI sopra i 76 dollari al barile, con gli investitori in attesa di sapere se Israele reagirà all’attacco missilistico dell’Iran. L’incertezza su come evolverà la situazione è elevata, con un’ampia gamma di scenari possibili, ma Goldman Sachs non è eccessivamente preoccupata dalla situazione, secondo quanto emerge da una ricerca sul tema.
In assenza di gravi interruzioni dell’approvvigionamento di petrolio in Medio Oriente, Goldman Sachs continua ad aspettarsi che il Brent venga scambiato nell’intervallo 70-85 dollari al barile e prevede un prezzo medio di 77 dollari al barile per il quarto trimestre 2024 e 76 dollari al barile per il 2025. Ciò riflette le ipotesi di un’offerta iraniana pressoché invariata a 3,4 mb/d fino al 2025 e tre mesi di aumenti della produzione OPEC+ a partire da dicembre 2024.
Oltre alla risposta iniziale di Israele all’attacco missilistico di martedì da parte dell’Iran, gli investitori sono concentrati sul rischio che Israele e Iran possano entrare in un ciclo di attacchi di ritorsione che potrebbero degenerare in un conflitto più ampio, con possibili conseguenze per l’approvvigionamento petrolifero regionale. Secondo la banca d’affari statunitense, gli investitori sono concentrati su tre principali scenari ipotetici: danni alle infrastrutture petrolifere iraniane; rafforzamento dell’applicazione delle sanzioni secondarie; interruzione più ampia delle forniture petrolifere regionali.
Goldman Sachs stima che la produzione di greggio iraniana sia aumentata di circa 1 mb/d negli ultimi 2 anni a 3,5 mb/d e che produca anche circa 0,8 mb/d di condensati. L’Iran esporta quasi la metà della sua produzione nazionale di greggio (principalmente in Cina), mentre i condensati sono ampiamente utilizzati a livello nazionale. Le esportazioni dell’Iran sono altamente concentrate nel terminal di esportazione dell’isola di Kharg.
“L’elevata capacità inutilizzata globale (oltre 6 mb/d) e la nostra analisi storica delle interruzioni dell’approvvigionamento rafforzano la nostra opinione che le barriere fisiche o politiche all’impiego della capacità inutilizzata siano il principale rischio di coda al rialzo per i prezzi del petrolio – si legge nella ricerca – Facendo una media tra gli episodi, stimiamo che l’aumento della produzione combinata di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti compensi in genere l’80% della produzione interrotta entro 2 trimestri”.
Goldman Sachs stima l’impatto di due ipotetici tipi di scenari di interruzione: ipotizzando un’interruzione di 2mb/d di 6 mesi dell’approvvigionamento iraniano, stima che il Brent potrebbe salire temporaneamente a un picco di 90 dollari se l’OPEC compensa rapidamente il deficit e un picco nel 2025 a mid90s senza una compensazione dell’OPEC; ipotizzando un’interruzione persistente di 1mb/d dell’approvvigionamento iraniano, che riflette ad esempio un rafforzamento dell’applicazione delle sanzioni, stima che il Brent potrebbe raggiungere un picco a mid80s se l’OPEC compensa gradualmente il deficit e un picco nel 2025 a mid90s senza una compensazione dell’OPEC.