(Teleborsa) – Il petrolio è stabile, con il Brent a quota 71,6 dollari al barile e il WTI a 67,6 dollari al barile, dopo il crollo di ieri del 5% in scia alla serie di attacchi aerei di Israele contro l’Iran nel fine settimana, attuando la tanto attesa rappresaglia per l’ultimo attacco missilistico di Teheran.
Israele ha attaccato quelli che ha definito siti missilistici strategici in Iran, con il Primo Ministro Benjamin Netanyahu che ha affermato di aver “colpito duramente”. Tuttavia, l’Iran ha minimizzato l’entità del danno, con l’Ayatollah Ali Khamenei che ha affermato che l’attacco “non dovrebbe essere né minimizzato né esagerato”.
Il mercato del petrolio ha dedotto che l’attacco israeliano e la risposta iraniana equivalgano effettivamente a una de-escalation delle recenti tensioni. Questo perché Israele non ha colpito siti nucleari o siti di esportazione e raffinazione del greggio dell’Iran.
“La risposta mirata di Israele lascia la porta aperta alla de-escalation, che consentirebbe ai fondamentali di essere ancora una volta il motore dominante per il mercato – commentano gli analisti di ING – E si prevede che i fondamentali saranno ribassisti fino al 2025″.
L’OPEC+ dovrebbe ancora iniziare a ridurre alcuni dei suoi tagli alla produzione da dicembre, con l’obiettivo di aumentare la produzione di 180.000 barili al giorno, il primo passo di una serie di aumenti nel corso del 2025. Il problema è che la prevista ripresa della domanda di petrolio non si sta materializzando come ci si aspettava.