(Teleborsa) – L’affermazione secondo cui il declino economico e geopolitico dell’Europa sia inevitabile è esagerata. Tuttavia, per invertire la rotta, servirà un deciso cambio di strategia politica. È questa la conclusione del report di Scope Ratings elaborato da Alvise Lennkh-Yunus e Brian Marly (Sovereign and Public Sector), secondo cui le riforme strutturali interne peseranno più delle tensioni esterne nel determinare il futuro profilo creditizio dei paesi UE.
Gli Stati membri, evidenzia l’analisi, dispongono ancora di un ampio margine d’azione per rafforzare la crescita, ridurre la dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti e quella dalle importazioni cinesi di terre rare, oltre a riformare i sistemi di welfare per gestire meglio le pressioni fiscali legate all’invecchiamento della popolazione. L’UE, inoltre, può ancora trarre vantaggio da un profondo completamento del mercato unico: le barriere interne equivalgono a dazi medi del 40% per i beni e del 100% per i servizi, ben superiori al 15% medio dei dazi statunitensi.
Le nuove tariffe USA, ai massimi da decenni, colpiranno in modo disomogeneo i paesi europei: più forte l’impatto in Slovacchia, Polonia e Ungheria, più contenuto in Irlanda grazie all’esenzione sui prodotti farmaceutici. Tuttavia, la BCE prevede un impatto sul PIL europeo compreso tra -0,5 e -0,7 punti percentuali in due anni, molto inferiore alle contrazioni registrate nelle precedenti crisi. La vera priorità, secondo gli analisti, dovrebbe essere il rafforzamento del mercato interno attraverso maggiore mobilità del lavoro, capitali integrati, cooperazione energetica e minore frammentazione regolatoria — riforme che potrebbero generare fino a 700 miliardi di euro di crescita aggiuntiva in dieci anni.
Anche l’aumento della spesa per la difesa, spinta dall’obiettivo NATO del 3,5% del PIL, appare sostenibile per la maggior parte dei paesi, grazie a margini fiscali adeguati o già a piani di spesa avanzati. Guardando al medio termine, saranno però governance e riforme a guidare la traiettoria del debito pubblico. Paesi come Grecia, Cipro e Portogallo potrebbero ridurre il debito di 50-75 punti di PIL entro il 2030, mentre Belgio, Francia, Austria e Finlandia rischiano un peggioramento.
Le scelte elettorali e la stabilità politica, conclude il report, saranno decisive per i futuri rating sovrani europei.
(Foto: Christophe Maout – © Unione Europea)
