(Teleborsa) – “Tutti i membri” del Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) hanno sostenuto la proposta avanzata dal capo economista Philip Lane di mantenere invariati i tre tassi di interesse chiave alla riunione dei settembre. È quanto emerge dai verbali del meeting del 10-11 settembre.
Le nuove proiezioni degli esperti avevano presentato un quadro dell’inflazione simile a quello previsto a giugno e la valutazione del Consiglio direttivo sulle prospettive di inflazione era rimasta sostanzialmente invariata. In particolare, i dati successivi alla riunione di luglio avevano confermato che le prospettive di inflazione continuavano a essere positive e che l’economia interna rimaneva resiliente, con rischi per la crescita economica ora più bilanciati.
“Non vi è stata quindi alcuna pressione immediata per modificare i tassi di riferimento nella riunione”, si legge nei verbali, dove viene spigato che “il contesto è rimasto più incerto del solito, soprattutto a causa della volatilità del contesto commerciale globale, ma anche a causa degli sviluppi geopolitici. Tale incertezza potrebbe anche giustificare il mantenimento dei tassi di interesse invariati. In particolare, la situazione attuale era destinata a cambiare in modo sostanziale a un certo punto, ma al momento era difficile sapere quando e in quale direzione”.
Mantenere i tassi di riferimento ai livelli attuali “consentirebbe di avere più tempo per valutare gli effetti dei dazi, delle incertezze in corso e degli altri fattori di rischio discussi dal Consiglio direttivo, anche se tali rischi non svanissero del tutto” si è inoltre sostenuto che “l’attuale livello dei tassi di interesse dovrebbe essere considerato sufficientemente robusto nella gestione degli shock, alla luce dei rischi di inflazione bilaterali e tenendo conto di un’ampia gamma di possibili scenari. Nel complesso, l’attesa di ulteriori informazioni continuava a rappresentare un’opzione valida“.
Guardando al futuro, i prossimi mesi sono stati definiti “importanti per valutare attentamente nuovi dati ed evidenze su come i recenti shock stessero influenzando le prospettive di inflazione e crescita”. A questo proposito, si è sostenuto che “l’orientamento della politica monetaria non dovrebbe essere modificato in risposta a moderate fluttuazioni dell’inflazione intorno all’obiettivo, ma solo se si prevede una deviazione significativa nel medio termine. Allo stesso tempo, le tipologie di ampie e prolungate deviazioni dell’inflazione dall’obiettivo in entrambe le direzioni osservate nell’ultimo decennio sono state eventi atipici e rari. Si è quindi sostenuto che fosse ancora necessaria una risposta ciclica della politica monetaria per affrontare gli shock dal lato della domanda su base continuativa, come riflesso anche nei modelli standard di politica monetaria”.
Con riguardo alle prospettive di inflazione, i membri hanno accolto con favore il fatto che l’inflazione complessiva fosse attualmente prossima all’obiettivo di medio termine del 2% e hanno ritenuto che le informazioni in arrivo fossero sostanzialmente in linea con la loro precedente valutazione delle prospettive di inflazione, come riflesso anche dalle limitate revisioni delle proiezioni di settembre rispetto a quelle di giugno.
Sono comunque emerse visioni diverse sui rischi. “Diversi membri” ritenevano che i rischi di inflazione fossero orientati al ribasso nel medio termine. Da questa prospettiva, l’apprezzamento dell’euro era stato uno shock genuinamente esogeno, non correlato alle condizioni economiche dell’area euro, e avrebbe potuto avere un effetto sull’inflazione maggiore di quanto incluso nelle proiezioni. Un ulteriore apprezzamento era inoltre possibile, date le crescenti aspettative di tagli dei tassi di interesse da parte del Federal Open Market Committee negli Stati Uniti. Si è inoltre sostenuto che le tensioni commerciali e l’incertezza continuavano a rappresentare rischi al ribasso per l’inflazione. Invece, “alcuni membri” hanno ritenuto che i rischi di inflazione fossero orientati al rialzo nel medio termine, rilevando anche che le previsioni esterne per l’inflazione nel 2026 e nel 2027 erano superiori alle ultime proiezioni degli esperti.