(Teleborsa) – In Italia, quasi 1 giovane su 3 mostra “una palpabile esitazione” rispetto all’ipotesi di diventare genitore senza la garanzia di una rete di sicurezza collettiva in grado di risolvere le preoccupazioni quotidiane. E’ quanto emerge dalla ricerca “Per una Primavera demografica” realizzata dalla Fondazione Magna Carta con l’obiettivo di indagare le cause della denatalità e del trend negativo delle nascite, presentata oggi a Roma alla presenza del Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella, del Sottosegretario all’economia e alle finanze Lucia Albano e del Commissario straordinario Sisma 2016 Guido Castelli.
Alla ricerca ha partecipato un campione di 1072 persone suddiviso tra giovani (fino a 28 anni) e adulti, cui si aggiungono alcune categorie specifiche, come insegnanti, operatori sanitari e psicologi.
La prima parte della ricerca ha indagato le motivazioni per cui non si fanno più figli, la seconda ha approfondito le buone pratiche di welfare aziendale che le imprese mettono in campo per favorire la maternità, la paternità, la conciliazione e in generale il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori.
Perché i giovani non fanno figli
Tra le principali cause per cui non si fanno più figli c’è l’età più avanzata e la logica del rinvio della scelta genitoriale. Vi sono poi preoccupazioni economiche fra i fattori significativi per cui non si fanno figli, con gli adulti che danno una valutazione più alta (9 su 10) a questa motivazione rispetto ai giovani (6 su 10).
Anche le limitazioni legate alla carriera e al tempo personale rappresentano una forte motivazione per non avere figli e sembrano testimoniare un conflitto interiore tra il desiderio di affermazione personale e la scelta della genitorialità. Le donne adulte valutano in misura maggiore rispetto ai giovani la paura della gravidanza (7,5 su 10).
Una influenza negativa è esercitata anche dai “convincimenti personali” (8 su 10 per entrambe le fasce d’età), che evidenzia come l’attitudine verso la genitorialità sia cambiata in una parte della popolazione giovanile.
“Con la ricerca Per una Primavera demografica la Fondazione Magna Carta ha voluto realizzare un’indagine quantitativa e qualitativa sulle cause profonde del calo delle nascite in Italia, evidenziando in particolar modo come alle ragioni economiche e lavorative che ostacolano la scelta di mettere al mondo dei figli si affiancano paure, resistenze e nuove fragilità“, spiega Gaetano Quagliariello, Presidente Fondazione Magna Carta.
“Per rispondere a questa sfida – aggiunge – si vuole offrire un nuovo modello di partenariato tra pubblico e privato in cui le istituzioni possano supportare le aziende impegnate in percorsi utili a favorire la natalità e la genitorialità. In virtù di ciò, la Fondazione ha elaborato una serie di proposte ispirate alle buone pratiche aziendali individuate nella ricerca – dagli asili nido diffusi al voucher baby-sitter, dai meccanismi di decontribuzione al credito d’imposta per le aziende che programmano investimenti nella conciliazione – già sottoposte all’attenzione del decisore politico”.
“È necessaria una politica a lungo termine con la collaborazione di istituzioni, territori e aziende per invertire i dati sul calo delle nascite. L’obiettivo è da un lato dare valore sociale alla maternità e alla paternità e dall’altro incoraggiare quel desiderio di futuro che comunque persiste nei giovani”, sostiene Annamaria Parente, Capo-progetto Per una Primavera Demografica e Coordinatrice dell’Area sanità e welfare – Scienza e Persona del Comitato Scientifico di Fondazione Magna Carta.
La seconda parte della ricerca ha riguardato le misure di welfare aziendale per il sostegno alla natalità, ed è stata realizzata con la collaborazione di aziende come JOINTLY, Engineering, WellMakers by BNP-Paribas e Prysmian Group, che rappresentano oltre 30mila dipendenti con quasi 900 sedi operative a livello nazionale. Inoltre, ci si è avvalsi della collaborazione di altre sei aziende che operano nei settori della distribuzione alimentare, della cosmesi e dell’abbigliamento.
Dallo smart working ai programmi di assistenza all’infanzia, fino alle diverse forme di assistenza prenatale e postnatale, le iniziative di welfare oggi puntano a mitigare la pressione psicologica dei genitori che lavorano, consentendo loro di conciliare meglio tempo di vita e tempo di lavoro. L’analisi dei dati raccolti evidenzia una tendenza crescente tra le aziende a migliorare il benessere dei dipendenti, mentre il supporto alla natalità emerge come un aspetto significativo nelle politiche di welfare.
Ciò che sembra più urgente, perlomeno rispetto agli obiettivi di questa ricerca, è riuscire a combinare in modo produttivo le politiche pubbliche con programmi di welfare aziendale più estesi e innovativi, incentrati non solo su benefici di tipo economico ma su una idea più ampia di benessere della persona, e dunque su servizi diversificati e personalizzabili con ricadute importanti dal punto di vista sociale.
Per questo motivi la Fondazione Magna Carta ha formulato una serie di proposte di policy insieme alle aziende partner, chiedendo di valorizzare l’esperienza dei cosiddetti “asili nido diffusi” o “di prossimità”, eventualmente da integrare con un “voucher baby-sitter” fornito dalle aziende alle famiglie dei dipendenti. Una terza proposta riguarda le iniziative pubblico/private per abbattere parzialmente o totalmente il costo dei centri estivi, Per quanto concerne invece le politiche sul congedo parentale, l’obiettivo dovrebbe essere quello di stabilizzare questa misura, consolidandola rispetto ai provvedimenti presi nell’ultima manovra economica. Anche il credito d’imposta andrebbe esteso quando le aziende dimostrano di saper programmare gli investimenti incrementali o aggiuntivi espressamente finalizzati al sostegno della conciliazione, della natalità e della genitorialità. Sul versante dello smart working, è di fondamentale importanza non smarrire il valore di una cultura dell’orario di lavoro più agile e flessibile, basata sull’alternanza tra presenza e distanza. L’appello al mondo delle istituzioni e della politica è di concepire azioni a lungo termine, di sistema, inventare soluzioni nuove, come politiche di bilancio europee nelle quali la demografia sia intesa come un investimento e non solo come un costo.