(Teleborsa) – Si va verso una Riforma pensionistica che avrà come filo conduttore l’impegno a non appesantire i conti pubblici ed allungare l’età lavorativa, attraverso l’offerta di incentivi al prolungamento della carriera lavorativa. E’ quanto trapela, in vista della stesura della Manovra, da alcuni dettagli del Piano strutturale di bilancio, che fornisce la cornice della politica economica dei prossimi anni e punta a preservare la sostenibilità dei conti pubblici.
Il primo impegno assunto dal governo verso l’Ue, in base alle nuove regole, è quello di non appesantire i conti pubblici, dunque anche la riforma pensionistica dovrà soddisfare criteri di “sostenibilità” del bilancio, posto che la spesa pensionistica è in costante aumento e che, a causa del calo delle nascite, sono sempre meno i lavoratori attivi.
La riforma pensionistica non propone di abbandonare il criterio dei 67 anni d’età della Legge Fornero per andare in pensione, come caldeggiato dalla Lega, ma anzi offre incentivi per l’allungamento del percorso lavorativo. “L’allungamento della vita lavorativa costituisce una necessità”, sottolinea la bozza della Legge di Bilancio. Sono previsti infatti dei premi, a certe condizioni, per chi decide di prolungare l’attività lavorativa, pur potendo andare in pensione.
Anche per il pubblico impiego si prevede di abbandonare l’obbligatorietà di ingresso in quiescenza, offrendo soluzioni che consentano un allungamento della vita lavorativa e permettendo alla Pubblica Amministrazione di “trattenere le risorse ad elevato know-how e di conseguire un efficace passaggio di consegne.”
Sempre per assicurare la sostenibilità del sistema pensionistico ed assicurare una vita post lavorativa dignitosa c’è una spinta verso la previdenza integrativa, mediante il potenziamento dei fondi pensione ed incentivi alla stipula di un’assicurazione.
E’ prevista anche la conferma di Quota 103, cioè dell’anticipo pensionistico che scatta al raggiungimento di 62 anni d’età e 41 anni di contributi, così come le agevolazioni di Opzione Donna e Ape Sociale, dedicata a chi fa lavori particolarmente gravosi ed usuranti. Sembrerebbe dunque definitivamente sfumata l’ipotesi di passaggio a quota 41, che prevede l’uscita dal mondo del lavoro al raggiungimento di 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica.
Salva anche la rivalutazione delle pensioni per adeguare gli assegni al carovita e l’aumento delle pensioni minime.