(Teleborsa) – La Banca d’Italia ha pubblicato i risultati di un’indagine condotta nel 2024 sulle pratiche di gestione dei rischi climatici da parte delle imprese non finanziarie italiane (NFCs). L’indagine, parte del progetto di integrazione dei rischi climatici nel sistema di valutazione del credito ICAS (In-house Credit Assessment System), offre un quadro dettagliato su emissioni, governance e vulnerabilità fisiche e di transizione, con dati raccolti a livello aziendale.
Lo studio evidenzia carenze diffuse nella gestione dei rischi legati al cambiamento climatico, in particolare nelle aree di reporting delle emissioni, pianificazione della transizione e governance aziendale. Circa due terzi delle imprese manifatturiere dispongono di organi dedicati ai rischi climatici, mentre nei servizi e in agricoltura la quota scende alla metà. Meno del 50% delle aziende monitora le proprie emissioni di gas serra, e solo una minoranza ha fissato obiettivi di riduzione a cinque anni. Le imprese più solide dal punto di vista creditizio risultano le più attive nella mitigazione e nella definizione di target ambientali.
Sul fronte dei rischi fisici, la maggior parte delle aziende dichiara una bassa esposizione, nonostante un terzo operi in aree a rischio medio-alto di eventi climatici estremi. Il 58% delle imprese prive di assicurazione contro i danni da eventi catastrofici considera il rischio climatico trascurabile, evidenziando un problema di percezione e prevenzione.
L’integrazione dei dati granulari emersi dall’indagine nel modello ICAS ha mostrato miglioramenti significativi nella valutazione del rischio di credito. Le probabilità di default (PD) calcolate su dati aziendali differiscono sensibilmente da quelle basate su medie settoriali: le stime settoriali sovrastimano il rischio per il 48% delle imprese e lo sottostimano per il 52%, confermando l’importanza di una valutazione microfondata. Inoltre, l’uso di dati diretti su danni climatici e misure di mitigazione ha portato alla revisione del 25% delle valutazioni di rischio fisico basate su indicatori di terze parti.
Secondo la Banca d’Italia, l’inclusione di queste informazioni rafforza la capacità del sistema ICAS di integrare i rischi climatici nel merito creditizio, offrendo un’analisi più accurata e conforme agli standard comuni dell’Eurosistema, che entreranno in vigore nel 2025. I risultati evidenziano la necessità per le imprese italiane di compiere progressi sostanziali nella governance ambientale e nella misurazione delle proprie vulnerabilità, affinché gli impegni di sostenibilità si traducano in miglioramenti concreti del profilo di rischio.
