(Teleborsa) – Gli Stati membri dell’Unione europea (UE) non partecipanti all’area dell’euro hanno compiuto “progressi limitati” nella convergenza economica con l’area, principalmente a causa delle difficili condizioni economiche. Lo afferma la Banca centrale europea (BCE) nel Rapporto sulla convergenza 2024. Il rapporto, pubblicato ogni due anni, valuta i progressi verso l’adozione dell’euro realizzati in Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia.
Negli ultimi due anni i paesi esaminati hanno subito le ricadute dell’invasione russa dell’Ucraina, registrando di conseguenza un indebolimento significativo dell’attività economica e un forte aumento dell’inflazione. I paesi con una storia di maggiore dipendenza energetica dalla Russia e con legami commerciali più forti con essa sono stati i più colpiti. In futuro, ci si attende un rafforzamento dell’attività in tutti i paesi considerati, ma le tensioni e i rischi geopolitici offuscano le prospettive economiche.
Per quanto concerne il criterio della stabilità dei prezzi, cinque dei paesi analizzati, ossia Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania, hanno registrato tassi medi di inflazione ben al di sopra del valore di riferimento del 3,3%, mentre in Svezia l’inflazione è stata lievemente superiore al parametro.
Nel 2023 il disavanzo di bilancio è migliorato rispetto al livello del 2021 in quattro dei paesi considerati in questo rapporto, a seguito della ripresa economica dopo la pandemia e del graduale venir meno delle misure di sostegno di bilancio. Tuttavia, questo miglioramento è stato in parte frenato dall’impatto economico della guerra russa contro l’Ucraina, compresi l’indebolimento dell’attività e le misure di bilancio adottate in risposta agli elevati prezzi dell’energia. Nel 2023 la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Polonia e la Romania hanno superato il valore di riferimento del 3% del PIL stabilito per il disavanzo. Nel 2023 il rapporto tra debito pubblico e PIL si è collocato al di sotto del valore di riferimento del 60% in tutti i paesi considerati ad eccezione dell’Ungheria. Nel 2024 e nel 2025 il saldo di bilancio dovrebbe continuare a superare il valore di riferimento in Ungheria, Polonia e Romania.
La Romania resta oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, avviata nel 2020. Il 19 giugno 2024 la Commissione europea ha rilevato che la Romania non ha adottato misure efficaci per porre fine al disavanzo eccessivo. Di recente, la Commissione è inoltre pervenuta alla conclusione che l’Ungheria e la Polonia non hanno soddisfatto il criterio del disavanzo pubblico previsto dal Patto di stabilità e crescita. La Commissione raccomanderà al Consiglio dell’UE di avviare una procedura per i disavanzi eccessivi nei confronti di tali paesi.
Per quanto concerne il criterio del tasso di cambio, solo il lev bulgaro partecipa ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II). La Bulgaria ha aderito agli accordi nel luglio 2020, mantenendo il preesistente regime di currency board come impegno unilaterale. Tale partecipazione agli AEC II è fondata su una serie di impegni assunti dalle autorità bulgare. La Bulgaria sta attualmente lavorando per il completamento di tali impegni, anche attraverso il rafforzamento del quadro normativo in materia di antiriciclaggio.
Riguardo alla convergenza dei tassi di interesse a lungo termine, tre dei sei paesi esaminati (Polonia, Romania e Ungheria) hanno superato il valore di riferimento del 4,8%.
La solidità delle istituzioni pubbliche ed economiche è un fattore importante per la sostenibilità della convergenza nel corso del tempo. Ad eccezione della Svezia, gli indicatori pubblicati dalle organizzazioni internazionali suggeriscono che la qualità delle istituzioni e della governance nei paesi considerati continua a essere inferiore rispetto al resto dell’UE.
Per quanto attiene alla compatibilità della legislazione nazionale con i trattati e lo Statuto del SEBC e della BCE, cinque dei sei paesi esaminati non soddisfano appieno i requisiti per l’adozione dell’euro. Riguardo alla Bulgaria, il rapporto perviene alla conclusione che la legislazione nazionale è coerente con il Trattato e lo Statuto, alle condizioni e alle interpretazioni indicate nella valutazione relativa al paese.