(Teleborsa) – I ricavi complessivi delle principali aziende che operano nel settore delle comunicazioni elettroniche sono diminuiti, tra il 2019 e il 2023, ad un tasso medio annuo dello 0,9% passando da 29,9 a 28,8 miliardi di euro: complessivamente la contrazione nel periodo è stata del 3,6%. Tuttavia, nel corso del 2023 si osserva una crescita dell’1,3% rispetto al 2022. È quanto emerge da un’analisi sul settore pubblicato dall’Agcom.
Il margine operativo lordo complessivo delle imprese analizzate, tra il 2019 e il 2023, passa dal 38,5% al 23,3% dei ricavi: il valore medio annuo è pari al 30%. Nell’ultimo anno, la capacità del settore di generare ricchezza dalla gestione operativa si mantiene sostanzialmente sui livelli del 2022, registrando una lieve flessione di 1 punto percentuale.
Tra il 2019 e il 2023, l’indicatore dell’incidenza del ricorso ai mezzi propri, misurato come rapporto tra patrimonio netto e totale passività, per le imprese considerate nell’analisi si attesta su un valore medio annuo del 28,4%, mostrando un andamento negativo sia relativamente all’intero quinquennio (-1,6 p.p.) sia su base annua (-1,8 p.p.).
La percentuale media annua degli investimenti sui ricavi nel periodo è pari al 25,7%; sebbene nel 2022 si sia registrata una contrazione dal 26,7% al 23,5%, nel 2023 il tasso è rimasto stabile rispetto all’anno precedente. Complessivamente, le imprese analizzate nel 2023 hanno effettuato investimenti per un totale di 6,7 miliardi di euro.
Nel corso dell’intero periodo considerato, il flusso finanziario generato dall’attività operativa in rapporto ai ricavi è stato mediamente pari al 23,8% annuo: dopo aver registrato un trend negativo nel 2021 e 2022, nel 2023 il valore è ripreso a crescere (da 13,3% a 20,6%).
A fine 2023, gli addetti diretti nel settore risultano essere circa 56.000, con una riduzione nell’ultimo anno di poco meno di 2.700 unità lavorative. Va ricordato che la tendenza alla riduzione degli addetti è in atto da tempo (nel 2019 gli organici del comparto risultanti dal campione di imprese considerato erano, in termini omogenei, circa 62.800); tale flessione è dovuta in prevalenza ai processi di riorganizzazione aziendale che hanno interessato, nel periodo considerato, alcuni tra i principali operatori storici, in particolare TIM.
Allo stesso tempo, la progressiva infrastrutturazione e crescita degli operatori che più di recente sono entrati sul mercato, sia nel segmento retail sia in quello wholesale, hanno avuto come effetto quello di attenuare tale tendenza negativa.