(Teleborsa) – Il valore dell’oro si conferma attorno ai massimi dell’ultimo periodo a 2.656 dollari l’oncia, dopo aver più volte sfiorato i 2.700 dfokllari nei giorni scorsi in seguito ad un mix di tensioni geopolitiche e strategie delle banche centrali. Un binomio che continuerà a favorire il metalli prezioso, che l’anno prossimo potrebbe spingersi sino a 2.800 dollari. L’oro ha già guadagnato oltre il 23% nel 2024.
L’attacco dell’Iran a Israele
L’attacco missilistico dell’Iran a Israele r lo stato di guerra dichiarato da Teheran ha sicuramente dato un input rialzista all’oro, che per la sua natura di bene rifugio acquista valore in periodi di incertezza geopolitica. Un aggravamento della crisi mediorientale che fa coppia con le persistenti tensioni nell’Est europeo, dove l’Ucraina continua a trovare il sostegno degli USA e della Nato contro la Russia.
La Fed e l’attesa d altri taglio dei tassi
A sostenere il prezzo dell’oro hanno concorso anche le politiche delle banche centrali, in particolare la Fed, che ha seguito la BCE nella fase di rientro del costo del denaro, annunciando un primo maxi taglio di tassi di 50 punti base a settembre. E questo perché i dati sull’inflazione statunitense sono stati inferiori alle aspettative per due mesi consecutivi, evidenziando un’inflazione di fondo al 2,4% e confermando che le pressioni inflazionistiche si stanno esaurendo.
Naturalmente, anche la BCE ha ridotto ancora i tassi d’interesse, in misura più contenuta di 25 punti base, a fronte di un’inflazione che è scivolata addirittura al di sotto del target all’1,8% a settembre.
I dot plot 2024 della Fed segnalano almeno altri due tagli da 25 punti base entro dicembre, ma il mercato prezza anche un taglio cumulativo di 75 punti entro fine anno. Un fattore che sarebbe fortemente rialzista per l’oro, che si avvantaggi sempre di politiche monetarie accomodanti.
La debolezza del dollaro
Il secondo fattore che sta sostenendo l’oro è la debolezza del dollaro statunitense: a partire da metà luglio l’US Dollar Index è sceso di circa il 4%. La valuta USA ha sottoperformato il più ampio movimento dei tassi d’interesse di mercato, il che implica un ulteriore deprezzamento nei prossimi mesi. Questo sarà un fattore positivo per l’oro, che si muove in controtendenza rispetto all’andamento del biglietto verde.
La domanda istituzionale
L’effetto distorsivo dell’aumento di prezzo dell’oro è rappresentato dal rallentamento degli acquisti da parte delle banche centrali, un fattore che sinora ha contribuito a sostenere il prezzo del metallo.
Dall’inizio di giugno, gli acquisti di oro da parte delle banche centrali sono diminuiti: si aggiravano in media intorno alle 80 tonnellate al mese nel primo semestre, ma da allora si sono ridotti a circa 40 tonnellate. Un effetto indotto dal forte aumento del prezzo dell’oro, che ha dissuaso le banche centrali dall’aumentare ulteriormente le proprie riserve. Tuttavia, se l’oro tornerà a scendere, le banche centrali non perderanno occasione di aumentare le loro riserve auree.
L’UBP vede l’oro a 2.800 dollari
La corsa dell’oro non è an cora finita. Per Peter Kinsella, Global Head of Forex Strategy di Union Bancaire Privée (UBP), il 2025 potrebbe vedere l’oro raggiungere livelli di 2.800 dollari per oncia, dopo aver raggiunto a fine estate un livello di circa 2.685 dollari per oncia.
“Per quel che riguarda la domanda retail, notiamo che nelle ultime settimane gli investitori hanno aumentato le loro allocazioni verso gli ETF incentrati sull’oro – sottolinea l’analista – ponendo fine a due anni consecutivi di deflussi. Prevediamo che nei prossimi mesi gli ETF continueranno a registrare afflussi significativi, in quanto gli investitori diversificano in asset non correlati come l’oro”.
“Per quanto riguarda i consumatori, l’Asia continua a registrare una forte domanda. I consumatori cinesi hanno aumentato le allocazioni in oro, probabilmente a causa della scarsità di alternative interne di risparmio e come rifugio per i risparmi denominati in youan. La domanda di importazioni indiane è aumentata in seguito alla riduzione dei dazi d’importazione annunciata nel bilancio di quest’anno”.